Orecchiabile: Territori inesplorati
"Everything is Alive", "Reclame" e "Song Exploder", più due le due nuovissime playlist di Orecchiabile
Ciao Orecchiabilinə,
Con questo terzo numero usciamo dal concetto di podcast come narrazione e ci addentriamo in territori meno esplorati, fatti di canzoni decostruite, oggetti inanimati che parlano e due amiche che svecchiano il mito degli anni d’oro della pubblicità italiana. Stiamo parlando, nello specifico, di Song Exploder, raccontato da Giacomo, Everything is Alive e Reclame, recensiti da Chiara.
Prima di iniziare, però, abbiamo un piccolo annuncio: da oggi sono disponibili su Spotify due playlist di Orecchiabile, quella per i contenuti che vi suggeriamo in italiano e un’altra per quelli in inglese. Fatene buon uso, e iscrivetevi perché verranno aggiornate ogni volta che invieremo una nuova newsletter.
Pronti, partenza, play!
Everything is Alive, Radiotopia 🇺🇸
Quando ho sentito parlare di questo podcast per la prima volta, l’idea mi ha subito colpito per la sua originalità: in ogni episodio il creatore, Ian Chillag, intervista oggetti inanimati. Ma il vero punto di forza di Everything is Alive non è l’idea, piuttosto l’esecuzione. A fare la differenza sono l’umorismo sottile che permea tutte le puntate e la brillantezza con cui gli attori che interpretano i personaggi rispondono alle domande. La cosa ancora più incredibile è che sono stati registrati senza copione e la genuinità di certe storie è dovuta proprio all’improvvisazione degli attori coinvolti.
Mi definisco una persona empatica, per cui mi immedesimo facilmente nelle storie dei personaggi fittizi dei romanzi che leggo o dei film che guardo, ma mai avrei immaginato di immedesimarmi in una saponetta o in un palloncino. Ed è proprio sull’inaspettato che gioca la narrazione di questo podcast. Louis, la lattina di Cola, racconta cosa significa vivere dimenticato in un frigo e filosofeggia sul significato della sua esistenza come unico superstite di un pacco da ventiquattro comprato per una festa di compleanno. Oltre a lui, ci sono Maeve, un lampione che vive stabile (ah ah) a Brooklyn, ha una grande passione per i film di Sandra Bullock e sogna un giorno di diventare un’attrice. C’è Sean, un sedile della metro di New York che lavora ventiquattr'ore su ventiquattro senza interruzioni, vive in una relazione di simbiosi col suo vicino Jerry e sostiene che il sedere di chi si siede sopra di lui è la finestra dalla quale può vedere la loro anima.
Da quando ho ascoltato questo podcast, non posso fare a meno di chiedermi cosa pensino di me le mie cuffie, sballottate in giro per casa, abbandonate sotto la scrivania quando cadono o quando gioco nervosamente col filo mentre sono in una call di lavoro. Chissà cosa pensano delle tante cose che ascolto tutti i giorni? Forse un po’ mi odiano?
🎧 Episodio consigliato: Come ci tengono a sottolineare anche sul sito del podcast, iniziate dalla prima puntata, quella sulla lattina di Cola, che è anche l’episodio più esplicativo del potenziale che si cela dietro un’idea come questa.
🧁 Bonus: questo articolo in cui l’autore spiega il processo con cui si registrano gli episodi e come lavorano con gli attori per improvvisare l’intervista.
Song Exploder, Radiotopia 🇺🇸
Ho promesso a Chiara che nel parlare di questo podcast avrei evitato di fare battutine spocchiosette su chi ascolta musica brutta. Che poi nessuno pensa di ascoltare musica brutta, ma il mondo purtroppo è pieno di fan di quel gruppo lì che non posso nominare per non incorrere nelle loro ire.
La musica mi piace. Tanto. E nonostante abbia speso più tempo e soldi in concerti che in qualunque altra attività non strettamente necessaria alla mia sopravvivenza, sul palco ci sono salito solo a dodici anni per suonare il flauto sputacchione al Mercatino Natalizio di San Nicola, davanti a un pubblico perlopiù composto da capre e asinelli (è una storia lunga, fatta di presepi, paglia e vin brulé).
Questo per dire che non ho la minima idea di come certe canzoni che tanto mi emozionano vengano concepite, suonate e registrate. In mio e vostro aiuto c’è Song Exploder, il podcast di Hrishikesh Hirway. In ogni puntata Hirway chiede a un musicista di smontare una sua canzone, lasciandoci ascoltare le tracce isolate di voce e strumenti del master e spiegando il perché e il percome delle scelte fatte. Hirway, che è a sua volta un produttore musicale, è bravissimo a distillare lunghissime conversazioni tecniche in una quindicina di minuti, in cui sono l’aspetto umano degli artisti e il loro rapporto con il processo di creazione musicale a prendersi la scena.
Lontano dall’essere rivolto ad un pubblico di soli audiofili, Song Exploder è un podcast intimo, in cui la voce dell’host si fa da parte, lasciando all’ascoltatore la sensazione di trovarsi lì nel momento in cui le canzoni vengono concepite per la prima volta e creando una sorta di momento catartico quando, a fine puntata, vengono riprodotte nella loro versione finale.
🎧 Episodio consigliato: quello in cui si scopre che gli Weezer scrivono le loro canzoni usando Excel e senza avere la minima idea di cosa vogliono dire o perché.
🧁 Bonus: tre tra le mie preferite delle oltre cento puntate di musica (quasi interamente) bella passata su Song Exploder: Seventeen di Sharon Van Etten, The One With The Tambourin degli American Football, Coffee di Sylvan Esso.
🧁🧁DoppioBonus: Netflix ha fatto una serie con lo stesso nome. Il format è lo stesso, ma io continuo a preferire l’intimità di cuffiette e podcast.
Reclame, Chiara Galeazzi e Tania Loschi 🇮🇹
Cosa c’è davvero oltre il mito del pubblicitario milanese degli anni ottanta? Me lo chiedo perché nonostante resti ancora saldo nell’immaginario comune, di quegli anni lì ci restano solo le sensazioni tattili date dalle copertine delle riviste patinate su cui un tempo apparivano i guizzi e gli ingegni creativi di agenzie pubblicitarie dai nomi ormai dimenticati Oggi, insomma, cosa significa fare pubblicità? E ancora: siamo in grado di capire cosa è bello e cosa è brutto, di quello che ci capita sotto gli occhi? Chiara e Tania, che nella vita sono amiche, ne parlano a Reclame, andando oltre gli echi di un tempo che forse non ritornerà più e che riverberano ancora negli uffici open-space delle agenzie milanesi. Lo fanno condividendo due punti di vista opposti: Tania dall’interno, come copywriter e pubblicitaria, e Chiara dall’esterno, come spettatrice.
Il tono della discussione è quello delle conversazioni appassionate tra amiche senza mai eccedere in tecnicismi da esperti del settore e senza mai cadere in analisi superficiali. Proprio come spesso accade durante certe chiacchiere tra amiche, le battute comiche o le divagazioni non mancano, e l’esperienza di ascolto è piacevole, informativa e leggera.
Il meme qua sotto spiega alla perfezione la sensazione che ho provato spesso ascoltando questo podcast: a Chiara e Tania chiacchierare riesce così bene che ho avuto l’impressione di essere seduta lì con loro, magari al tavolino di un bar con uno spritz in mano. E invece no, siamo io, le mie cuffie e il mio tappetino di yoga, in sala, che ci distraiamo mentre facciamo il saluto al sole.
🎧 Episodio consigliato: Il mio preferito è il terzo episodio, dedicato al sessismo e alla narrazione della figura femminile nella pubblicità italiana, ma non è necessario andare in ordine cronologico. Iniziate leggendo i titoli e scegliendo l’argomento che vi attira di più.
🧁 Bonus: Seguitele su Instagram. @taniume per le sue raccolte sul peggio della pubblicità e della comunicazione italiana (l’ultimo, quello sulla festa della donna) e @chialerazzi per la varietà delle sue stories, tra report live su Telelombardia e rimedi per come spuzzare un Barbour comprato usato. E poi chissà, forse faranno un altro live/puntata di Reclame.
Bene, anche per oggi è tutto. Ora, srotolate i fili delle cuffiette e iniziate ad ascoltare! Fateci sapere nei commenti, o via email o ancora via Instagram cosa ne pensate. E se vi va, condividete questa newsletter con qualcuno che pensate possa apprezzarla. Noi ci si risente giovedì 28 aprile.
Un abbraccio,
Chiara & Giacomo