Ciao Orecchiabilinə,
torniamo nelle vostre caselle di posta con una settimana intera di ritardo. Per farci perdonare vi consigliamo due lavori bellissimi che, come da linea editoriale, non hanno assolutamente nulla a che vedere uno con l’altro.
Chiara parte da nostalgici ricordi di telefilm dei primi anni duemila per decostruirli portandovi a riflettere su una piega dell’abuso su minori spesso trascurata con Lucky Boy. Giacomo invece si lancia in sproloqui su Antropocene e intelligenza artificiali per introdurvi al mondo fantascientifico di La Suite di Java.
Pronti, partenza, play!
Lucky Boy, Chloe Hadjimatheou / Tortoise Media 🇬🇧
Uno dei momenti più epici delle prime iconiche stagioni di Dawson’s Creek è quello in cui Pacey inizia una relazione con la professoressa Jacobs, di venti anni più grande di lui. Nella serie, nonostante la docente sia costretta a lasciare la scuola e la città una volta sparsasi la voce di questa tresca, non si fa mai riferimento al fatto che si starebbe parlando di un abuso di minore con gravi conseguenze legali per chi lo perpetra. E questa è una cosa che, in effetti, anche io ho realizzato solamente durante l’ascolto di Lucky Boy. Una volta finito di ascoltarlo, concorderete con me che questa storia di Pacey e la Jacobs è solamente la punta molto pop di un iceberg pieno di ghiacciatissimi pregiudizi che hanno avuto, e continuano ad avere, serie conseguenze su chi si è trovato a vivere un’esperienza simile nella vita vera.
Lucky Boy è infatti il racconto in quattro episodi della storia di Gareth (nome di fantasia), un uomo la cui vita è stata profondamente segnata dalla relazione con Sally-Anne Bowen, una sua insegnante, quando aveva solo quattordici anni. La giornalista investigativa Chloe Hadjimatheou (ex BBC) ricostruisce la vicenda intrecciando il racconto di Gareth alle, poche, prove e testimonianze dei fatti accaduti. All’epoca, Gareth si considerava un ragazzo estremamente fortunato: era stato scelto dalla professoressa ventisettenne per cui tutti gli alunni avevano una cotta. Oggi, quasi quarant’anni dopo, Gareth fa i conti con le ferite invisibili che un abuso mai riconosciuto come tale, né dalla società né per lungo tempo da lui stesso, gli hanno inflitto.
Ci sono vari motivi per cui Lucky Boy merita di essere ascoltato: la linea investigativa è asciutta, Hadjimatheou non si perde in alcun gingillo narrativo, sceglie di non affondare il coltello nella piaga delle ferite di Gareth e, soprattutto, non cade nel trappolone di raccontare Bowen come una bella e giovane femme fatale dai lunghi capelli biondi. Hadjimatheou invece, arriva dritta alle orecchie con la domanda: come mai nessuno ha reagito di fronte a una relazione, che, pur essendo chiaramente “sbagliata”, era vissuta alla luce del sole nei corridoi della scuola? Armatevi di pazienza, come la stessa Hadjimatheou sottolinea più volte, perché quasi nessuno ha intenzione di rispondere a questa domanda. Il filo conduttore di questa storia infatti è la totale omertà del corpo docenti che «non ha visto niente» e degli studenti che «non capivano» e che, ancora oggi, considerano Gareth uno studente fortunato per aver ricevuto le attenzioni della professoressa Bowen.
Lucky Boy apre una riflessione non ancora del tutto esplorata, anzi spesso ignorata. È la stessa cultura maschilista e patriarcale che si condanna di fronte ad abusi perpetrati da uomini predatori verso ragazze minorenni ad aver creato, e perpetrato, il mito del giovane ragazzo che conquista una donna adulta, ignorandone completamente le conseguenze. Hadjimatheou smonta punto per punto questo doppio standard e dà voce a chi è stato ridotto a uno stereotipo, a un topos narrativo positivo.
-Chiara
La Suite di Java, Banshee Podcast / Fandango 🇮🇹
Se negli ultimi anni vi è capitato di interagire con il bislacco mondo dell’arte contemporanea, vi sarete sicuramente imbattuti nel concetto di Antropocene, ovvero l’idea che a un certo punto noi si sia entrati in una nuova era geologica in cui l’attività dell’essere umano è talmente impattante da incidere in maniera visibile e velocissima sugli altrimenti lentissimi processi geologici. O, per dirla con altre parole, stiamo sfasciando tutto, ma se non altro quando la nostra specie si estinguerà a causa di cambiamenti climatici auto-inflitti, avremo lasciato dietro di noi tracce molto evidenti per gli archeologi del futuro. Nella tecnofollia di Musk, Altman (signor ChatGPT) e tutta la cricca di genti che lavorano sulle intelligenze artificiali, saranno queste ultime, una volta diventate effettivamente coscienti, a salvarci dal disastro in cui ci siamo infilati. Ma lo farebbero davvero? E soprattutto, quale sarebbe la loro soluzione?
Una possibile risposta la troviamo nel futuro immaginato in La Suite di Java, podcast di fiction fantascientifica prodotto dalla stessa squadra dietro Morte di un giallista bolzanino per Fandango. In questo mondo le intelligenze artificiali hanno deciso di suicidarsi in massa, portandosi dietro tutta la tecnologia che permette all’uomo di devastare il pianeta e precipitandolo in un medioevo tecnologico da cui solo recentemente è riuscito a riemergere. Lo scenario descritto mescola a piene mani elementi e tropi della fantascienza e del cyberpunk, dalle piogge acide di Blade Runner ai vault anti-radiazioni di Fallout, passando per le città allagate di Ballard e i chip sottocutanei dei netrunner di Gibson.
Su questo sfondo si muove Vanda Cortez, una sottospecie di investigatrice privata incaricata di recuperare dati e informazioni inseguendo hacker in giro per il mondo. Quello che ancora Vanda non sa, e che io non posso rivelarvi interamente pena la condanna per spoiler aggravato, è che la sua nuova missione la porterà a guardare con occhi diversi la storia di questo distopico mondo.
La sua avventura scorre leggera per tutte le dodici puntate di La Suite di Java, aiutata da una scrittura che, nonostante qualche deriva verso un registro eccessivamente letterario, avvolge con gentilezza le orecchie dell’ascoltatore, sprofondandolo nel suo cibernetico abbraccio. A dare ritmo al tutto ci pensano continui cambi di narratore, intrecciati splendidamente con le giravolte della trama in un ordinato turbinio narrativo. Il racconto è punteggiato da un tarantinesco gusto della citazione, con termini e nomi che ammiccano più o meno apertamente alla storia del genere, riempiendo il nerd che è in ognuno di noi di gioia e felicità. Un’incalzante e mai ripetitiva colonna sonora contribuisce al senso di totale immersione, rendendo cinematica l’esperienza di ascolto.
Proseguendo nel solco tracciato con Morte di un giallista bolzanino, La Suite di Java si inserisce in quel disomogeneo filone di podcast fiction che stanno contribuendo a riportare in auge il radiodramma in lingua italiana, donando nuova linfa a un genere che era rimasto relegato alle strettissime cerchie di appassionati per decenni. Nel farlo, semina qua e la interessanti spunti di riflessione sul mondo odierno e costruisce una potenziale contronarrativa rispetto al ruolo che potrebbero avere nelle nostre vite le intelligenze artificiali se e quando diventeranno davvero esseri pensanti (quanto vorrei potervi dire di più!)
-Giacomo
📖 Consigli di lettura: se vi interessa saperne di più su Antropocene e dintorni e leggere cose scritte bene, vi consiglio caldamente i compagni di newsletter di Medusa.
🎧 Consigli di ascolto: se vi piacciono fantascienza e podcast di finzione, potete recuperare Sete (in italiano) e l’incredibile Case 63 (in inglese)
⏭ Orecchie a 2x:
Nel mondo dei podcast accadono cose un po’ in continuazione e non sempre riusciamo, per motivi di spazio, tempo o (addirittura) linea editoriale, a segnalarvi tutto quello che vorremmo. Quindi eccovi un po’ di notizie fresche fresche in poche comode parole:
Di podcast talk non parliamo quasi mai, ma ci piace far una piccola segnalazione per Parole leggere in camper di Margherita Schirmacher, un podcast itinerante che sta (letteralmente) viaggiando verso il Salone del Libro di Torino, investigando allo stesso tempo come le parole vengono usate nella scrittura e nella musica leggera attraverso interviste con chi di questo ne ha fatto un mestiere.
Bene, anche per oggi è tutto. Ora, srotolate i fili delle cuffiette e iniziate ad ascoltare! Sentiamoci su Instagram e se vi va, condividete questa newsletter con qualcuno che pensate possa apprezzarla.
Chiara & Giacomo