Orecchiabile: Empatia, catfishing e magie secolari
“La strada davanti a sé”, “Sweet Bobby” e “Iolanda mi nant de nòmini”
Siamo tornatə in grande spolvero, dopo una tranquillissima pausa natalizia, fatta di coperte elettriche e passeggiate in montagna o al mare cercando di schivare Omicron manco stessimo facendo uno slalom su una pista da sci. Insomma, le solite cose. Torniamo rimbambitə come lo scorso anno e per niente pienə di buoni propositi o sane nuove abitudini. Siamo sempre gli stessi, e con lo stesso obiettivo: titillarvi le orecchie con contenuti interessanti, che ci sono piaciuti, che ci hanno tenuto le orecchie incollate alle cuffie. E questo continueremo a fare, per ora.
Quindi, ciancio alle bande, torniamo da voi con la nostra consueta triplice raccomandazione. Iniziamo leggeri leggeri con Giacomo e un podcast che affronta in maniera delicata e sorprendente il tema della malattia. Chiara vi porta poi sul suo luogo del suo delitto preferito, trascinandovi a spasso tra le ombre del nel meglio true crime. Per chiudere Giacomo vi parla di un documentario sardo concepito all’ombra di alberi secolari.
Se siete nuovi in questi lidi vi ricordiamo che le nostre liste dei podcast recensiti finora (italiani e in lingua inglese) sono sempre felici di essere spulciate dai vostri ditini digitali per aiutarvi a trovare il giusto podcast da ascoltare in queste giornate di ritorni alla vita reale. Se niente vi soddisfa, la soluzione potrebbe essere lo splendido Cerume, il podcast con una sola puntata in cui tiriamo le fila di questo 2021 in audio (con soli quattro minuti contati di problemi tecnici)
Pronti, partenza, play!
La strada davanti a sé, Chora 🇮🇹
A pensarci bene i podcast sono una bestia strana. Vivono nelle nostre tasche dentro piccoli aggeggi pieni di circuiti, si infilano nelle nostre orecchie attraverso cordini colorati pieni di nodi e riescono a simulare in maniera piuttosto convincente conversazioni che potremmo avere con altri essere umani, lasciandoci però il potere di decidere modi e tempi della narrazione. Sono finestre aperte sulle vite e sulle esperienze altrui, dentro cui veniamo invitati a curiosare, finendo spesso risucchiati da un grado di intimità che mai considereremmo socialmente accettabile nel mondo al di fuori delle nostre cuffiette.
È questo il caso di La strada davanti a sé, un podcast che ci proietta a tutta forza dentro la vita e i pensieri di Eleonora e della sua esperienza con il cancro, una delle malattie più comuni e di cui sembra al contempo così difficile parlare senza scadere in quel melenso pietismo da televisione pomeridiana che la protagonista di questo podcast detesterebbe.
Nei quattro episodi di La strada davanti a sé infatti, Eleonora ci parla della sua malattia in toni positivi, dipingendola come una strada costellata di “bellissimi gioielli”, che, pur avendole tolto molto, le ha donato una vita più ricca e consapevole. I pensieri della trentacinquenne genovese sono raccolti da un piccolo registratore portatile, che le autrici del podcast le hanno inviato, chiedendole di raccontare in un audio diario l’esperienza con il suo cancro, in remissione completa al tempo delle registrazioni. A mettere ordine tra la pletora di riflessioni intime, aneddoti buffi e conversazioni famigliari così raccolte, ci pensa la voce dell’host, Carolina Di Domenico, selezionando il materiale e traducendo quello che le arriva da Eleonora in riflessioni più ampie che possano toccare le corde anche di chi con la malattia non ha mai avuto a che fare.
Si instaura così una sorta di corrispondenza a senso unico tra le due, che immagino possa aver creato più di qualche grattacapo nella scrittura del podcast. È un esperimento coraggioso, che funziona grazie a questa narrazione su due livelli, riuscendo a coniugare il racconto della storia di Eleonora con riflessioni più ampie sulla malattia e sul posto che occupa nella nostra società. L’ingrediente per nulla segreto attraverso cui tutto questo viene reso possibile, nel podcast quanto nella vita, è quello dell’empatia. In La strada davanti a sé ci viene ricordato quanto importante sia prendersi il tempo di far parlare chi ha esperienze irriducibili rispetto alle nostre, ascoltandolo a cuore aperto e accogliendone il punto di vista senza cercare di ridurlo alla nostra esperienza. Attraverso questo ascolto attivo Carolina, e noi con lei, riesce a entrare in contatto con una Eleonora che, a sua volta, ha dovuto fermarsi e ascoltarsi per riuscire a raccontare quello che ha vissuto, in una sorta di terapeutico circolo virtuoso che permea tutto il podcast.
La strada davanti a sé diventa così un piccolo tour guidato di cosa vuol dire avere una malattia importante e di come sia possibile affrontarla, trovandone gli aspetti positivi e usando le nostre empatiche orecchie per squarciare quella membrana che sembra dividere irrimediabilmente i malati e chi sta loro intorno.
🧁 Bonus: La strada davanti a sé è un branded podcast, prodotto con i fruscianti soldoni di Gilead, una casa farmaceutica a cui mi sembra doveroso indirizzare un ringraziamento per averci regalato questa storia, fidandosi del team che l’ha prodotta. In un momento storico in cui spuntano branded podcast da tutte le parti, è raro trovarne di così interessanti e ben fatti. Si percepisce la libertà che Gilead deve aver lasciato agli autori ed è decisamente un bene per tuttə.
Sweet Bobby, Tortoise Media 🇬🇧
Prima di iniziare, vorrei fare una premessa doverosa: il mondo dei podcast è decisamente saturo oltre ogni decenza di storie true crime, che sono poi quelle che hanno reso inizialmente questo medium così popolare. C’è stato un periodo in cui giornalistə investigativə ottenevano budget, prendevano i microfoni in mano e ripercorrevano casi giudiziari del passato, più o meno recente, e gli ridavano giustizia. Il caso più eclatante fu Serial, vero e proprio spartiacque tra cos’erano i podcast prima (gente che chiacchiera di cose un po’ a vanvera nello scantinato) a cosa sono diventati dopo (storie raccontate a puntate, cariche di suspence, di aneddoti e di curiosità che un articolo di giornale di cronaca nera spesso non riesce ad avere). Il fenomeno è stato così ampio da generare molte repliche, parodie (tra tutte, la mia preferita è quella di Portlandia) e infine, cloni. Giornalistə, e non solo, continuano a produrre podcast true crime, a raccontare storie avvolte da misteri o enigmi ma, mi dispiace un po’ ammetterlo, ascoltare questi podcast è diventato un po’ come guardare l’ennesima serie teen su Netflix. A una certa capisci il meccanismo e ne sei assuefatto.
Come una vera tossicodipendente, però, questo non significa che io abbia smesso di ascoltarli. Semplicemente non è più come la prima volta. O almeno fino a Sweet Bobby. Un’inchiesta suddivisa in sei parti che indaga uno dei più sofisticati casi di truffa online mai avvenuti: Kirat Assi per circa un decennio ha creduto di essere amica, e poi fidanzata, con un certo Bobby, un affascinante cardiologo lontano amico di amici conosciuto su Facebook. Sweet Bobby, uscito a cadenza settimanale tra novembre e dicembre dell’anno appena finito, ha risvegliato in me, e in molti degli ascoltatori, quella sana e incessante voglia di saperne di più, che ci ha fatto entrare in una sorta di dipendenza/ossessione su cosa sia davvero successo. Fin dall’inizio infatti sappiamo che Bobby non è semplicemente un fidanzato particolarmente geloso e non è sicuramente così malato da non avere mai avuto modo, in otto anni, di vederla dal vivo né in chat.
Nei primi tre episodi ascoltiamo la storia raccontata dal punto di vista di Kirat, che racconta di come lei abbia creduto all’universo messo in piedi da chi la stava truffando in un crescendo di incredulità che vede il suo apice con la fine della terza puntata. Non ho alcuna intenzione di anticipare nulla che possa rovinare la suspence, per cui non racconterò di cosa parlano i restanti episodi, ma dico solamente che il caso non è chiuso e che la questione rimane aperta. Forse è proprio per questo, insieme al sound design e al modo dell’host Alexi Mostrous di raccontare questa storia, tra l’intimo e il giornalistico, che ho ripensato a Serial: all’epoca infatti Sarah Koenig non solo raccontò una vicenda giudiziaria avvenuta anni prima con grande dovizia di particolari e accuratezza, ma le sue indagini finirono addirittura per portare poi i giudici a riaprire il caso. Non sappiamo ancora se succederà la stessa cosa con la storia di Kirat, quello che sappiamo è che alla fine della sesta puntata vorrete saperne di più.
Altri motivi per cui vale la pena ascoltare Sweet Bobby, oltre a tenervi incollati alle cuffie grazie al racconto della storia molto accattivante, sono scoprire l’etimologia del termine catfish, che è come gli anglosassoni definiscono le truffe online (lo so che in realtà siamo in molti ad aver visto il programma Catfish su MTV, giusto?) e sentire Alexis Mostrous sfoggiare il suo favoloso accento british mentre dice la frase “cool as a cucumber”.
🎧 Consigli di ascolto: prendetevi trenta minuti per ascoltare il primo episodio, poi per gli altri troverete qualsiasi scusa per non smettere di ascoltarlo. Non vi fate spaventare dall’accento british, e se lo siete, le trascrizioni di ogni puntata saranno vostre amiche. Sono disponibili sul sito di Tortoise Media, vi basterà cliccare sul titolo di ogni puntata.
🧁 Bonus: ci sono un sacco di articoli online e soprattutto thread di Reddit che parlano e continuano a parlare di questo caso. Trovate un esaustivo recap in un articolo di Bustle da cliccare solo dopo aver ascoltato il podcast per non farsi spoilerare nulla.
Iolanda mi nant de nòmini, STUDIOLANDA 🇮🇹
Quest’anno ho deciso di svernare intorno alle spiagge di casa, a Genova, scappando dal freddo inverno berlinese e rifugiandomi in un appartamento di trenta metri quadri, con le sedie scomode, i piatti un po’ sbeccati e i muri così freddi da costringermi a dormire sepolto in un sarcofago di coperte. Questa minuscola casetta però ha una piccola importantissima magia da regalare: basta aprire una finestra perché le sue stanze si riempiano del suono del mare. È così, circondato dalle onde e dallo sfarfallio di luci ingiallite dal tempo, che ho ascoltato Iolanda mi nant de nòmini, un documentario audio proveniente dalla Sardegna e magico quanto questa casa da cui vi scrivo.
Iolanda mi nant de nòmini raccoglie la voce di Orlanda Sassu, una donna sarda che, all’ombra di un ginepro secolare, ha regalato per decenni la sua poesia a chiunque volesse starla ad ascoltare. La storia è andata più o meno così: Orlanda e il suo compagno Efisio si innamorano di un ginepro secolare sulla spiaggia di Pistis e per proteggerlo da vandali e speculatori in cerca di legname pregiato, decidono di costruirci intorno una casa/capanna. I due non sono sposati e vivono in case separate, ma amano passare insieme le loro estati a comporre e cantare poesie in sardo protetti dal nido contemplativo che hanno costruito. L’intimo fascino della loro pratica non rimane però nascosto a lungo e in breve il loro eremo estivo estivo diventa luogo di scambio e narrazione con gli ospiti che passano a trovarli e che restano fino a tarda ora a recitare versi e cantare sonetti con loro. A un certo punto Zia Landa, come è conosciuta dagli abitanti del suo paese, mette le mani su di un registratore e inizia a incidere cassette su cassette di versi dialettali in rima cantata.
Sono proprio le registrazioni contenute in queste cassette a costituire la spina dorsale di Iolanda mi nant de nòmini, il cui nobile scopo è quello di rendere nuovamente fruibile questo prezioso tesoro di etnomusicologia inconsapevole. Le canzoni di Orlanda, accompagnate da un delicato sound design e puntellate qua e là dalle leggere intrusioni delle autrici, ci accompagnano in quelli che sono stati i luoghi più importanti della sua vita. La narrazione esterna è (quasi) assente, a sottolineare la volontà di rendere omaggio alla poesia di Zia Landa, senza forzarne la vita in un romantico racconto dei tempi andati.
Non stiamo però parlando di un puro esercizio di stile e intelletto. Iolanda mi nant de nòmini tocca alcune di quelle fragili corde che ci sono all’interno dei nostri cuori, emozionando, coinvolgendo e creando tra le orecchie di chi ascolta indelebili immagini. A distanza di tempo dal primo ascolto sento ancora molto forte l’incantesimo che Orlanda sembra aver lanciato su di me, lasciandomi con la placida voglia di sedermi a sentirla cantare tra i rami del suo albero preferito.
Iolanda mi nant de nòmini, con la sua sottile magia, è un invito a ricordarci dell’importanza di preservare e tramandare tutte quelle cose semplici, spontanee e preziose che ci circondano e che troppo scivolano via con il passare delle generazioni.
🎧 Consigli di ascolto: come avrete sagacemente intuito questo gioiellino audio è per larga parte in dialetto e vi toccherà guardarlo con uno schermo davanti per leggerne i sottotitoli. Il mio consiglio è di collegare un qualche aggeggio tecnologico allo schermo più grosso che avete, accoccolarvi comodi comodi, abbassare le luci e lasciare che i suoni vi trasportino lontano dai vostri salotti. Ne vale la pena, fidatevi.
🧁 Bonus: Iolanda Nomine Sint è stato prodotto grazie al supporto delle amiche orecchiabilə di Radio Papesse, di cui vi abbiamo parlato con grande amore in altre occasioni.
⏭ Orecchie a 2x:
Nel mondo dei podcast accadono cose un po’ in continuazione e non sempre riusciamo, per motivi di spazio, tempo o (addirittura) linea editoriale, a segnalarvi tutto quello che vorremmo. Quindi eccovi un po’ di notizie fresche fresche in poche comode parole:
Questo primo numero del secondo anno di vita di Orecchiabile esce il giorno dopo la fine di Bello Collective, la newsletter di cui vi abbiamo parlato già altre volte e una delle gemme che abbiamo sempre apprezzato per scoprire nuovi podcast. Ci mancano già 💔
La Congress Library, di fatto la biblioteca nazionale degli Stati Uniti d’America ha acquisito tutto l’archivio audio delle mitiche Kitchen Sisters di cui vi avevamo parlato in un vecchio numero della newsletter. Ne siamo felicioni.
Bene, anche per oggi è tutto. Ora, srotolate i fili delle cuffiette e iniziate ad ascoltare! Sentiamoci su Instagram e se vi va, condividete questa newsletter con qualcuno che pensate possa apprezzarla.
Chiara & Giacomo