Orecchiabile: Gorilla parlanti, la fine del mondo e sparizioni
“A Show About Animals”, “Surviving Y2K” e “Sparizioni”
Ciao Orecchiabilinə,
in questo periodo di giornate buie e lucine colorate finiamo per diventare sempre un po’ più esistenzialistə del solito e cerchiamo rifugio e redenzione in storie che oscillano tra il passato e l’impossibilità. Chiara vi porta quindi alla scoperta delle ricerche scientifiche degli anni settanta sugli scimpanzè che imparano la lingua dei segni mentre Giacomo ci racconta del Millennium Bug e delle varie vicende intorno a quello che accadde alla fine del Duemila, per poi approdare nelle storie impossibili, quelle di Sparizioni, un radio-road movie in salsa intellettuale in cui perdersi e ritrovarsi.
Prima di iniziare, come ormai di consueto, vi ricordiamo che le nostre liste dei podcast recensiti finora (italiani e in lingua inglese) sono sempre felici di essere spulciate dai vostri ditini digitali.
Pronti, partenza, play!
A Show About Animals, VICE 🇺🇸
Quanto sarebbe tutto molto più facile e bello se potessimo parlare con i nostri animali domestici? O con gli animali in generale. Niente piccioni che fanno la cacca dove non devono, o drammi quando usciamo di casa lasciando il nostro cane a fare nulla in salotto. La comunità scientifica si è chiesta molteplici volte nel corso della storia se fosse realmente possibile e, soprattutto, quali sarebbero le implicazioni.
A Show About Animals è un podcast lanciato nei primi di novembre da Vice e dedica la prima stagione alla gorilla Koko, uno dei casi di studio più controversi e allo stesso tempo più popolari degli ultimi decenni. Siamo all’inizio degli anni settanta e Penny Patterson è una studentessa di psicologia alla Stanford University, è specializzata in linguistica ed è in fissa con l’idea di insegnare il linguaggio dei segni a un gorilla, cosa che riesce effettivamente a fare adottando Koko, una gorilla dello zoo di San Francisco. È l’inizio di un lungo percorso che parte da un dottorato di ricerca su Koko e sulla sua capacità di parlare una versione modificata della lingua dei segni americana e che arriva fino alla creazione di una fondazione dedicata alla preservazione dei gorilla. Il tutto accompagnato dalla crescente popolarità di Koko, che diventa, tra gli altri, la migliore amica di Robin Williams, e una figura di riferimento per tutti i bambini nati in America negli anni Ottanta.
In mezzo, ci sono decenni di studi, controversie, rettifiche e dibattiti nella comunità scientifica su quello che effettivamente rappresentasse la capacità di “parlare” di Koko. Il podcast racconta bene il contesto nel quale Penny Patterson ha portato avanti la sua ricerca. Immaginate professori e studiosi con un’indole a metà tra l’hippie e l’accademico, liberi di sperimentare i propri metodi di ricerca al di fuori di qualsiasi concezione di “ortodosso” si possa avere in relazione a studi scientifici. Insomma, Patterson non è l’unica ad aver effettuato una ricerca di quel tipo, ma è senz’altro quella che non ha mai smesso di farlo, o meglio, non ha mai smesso di ricevere fondi per poter continuare a farlo. Mentre le prime puntate raccontano come Patterson sia riuscita a ottenere la custodia di un gorilla, e dell’ambiente scientifico di quegli anni, le ultime puntate uscite finora del podcast si concentrano proprio sulla seconda parte della vita di Koko e di Patterson, quella legata alla creazione di una fondazione, al lavoro di promozione di Koko come personaggio pubblico, tra lo show business e il mondo dell’intrattenimento dell’infanzia.
Ascoltare A Show About Animals è come fare una visita guidata in un museo immaginario dedicato alla storia recente della ricerca scientifica, in cui riusciamo a districarci tra studi che smontano altri studi e ricercatori che cercano di smentire la validità di altri ricercatori, senza smettere di tenere la mascella spalancata nell’ascolto dell’intera vicenda. A farci da guida è la brillante host, Arielle Duhaime-Ross, science reporter e con una laurea in zoologia, in grado di mettere insieme tutte le informazioni necessarie a capire l’evoluzione di questa storia tanto matta quanto intrigante, decorandola con aneddoti, battute e fun fact grazie ai quali non vorresti mai smettere di ascoltare. Il tutto accompagnato da una musica fatta di chitarre malinconiche, che rimandano vagamente agli anni settanta.
🎧 Consigli di ascolto: ogni episodio non supera i trenta minuti, che scivolano via in un batter d’occhio. I miei episodi preferiti finora sono il terzo e il quarto, dedicati alla pazza storia di un altro esperimento fatto sull’insegnamento della lingua dei segni ai gorilla. Quello portato avanti da Herbert Terrace, uno psicologo della Columbia University, che decide di prendere un gorilla, farlo andare a vivere a New York, e di chiamarlo Nim Chimpsky in onore dei sentimenti poco carini che provava verso Noam Chomsky, storico rivale del suo mentore, Skinner, famoso per aver inventato la Skinner Box. Senza spoilerare troppo, questa storia ha più del surreale rispetto a quella di Koko e Penny. Vi basti pensare che Nim ha vissuto i primi anni dell’esperimento nella casa di una delle assistenti di Terrace, insieme ai suoi sette figli e a suo marito, diventando di fatto l’ottavo pargolo. Immaginate di vivere in un brownstone, quei tipici appartamenti newyorkesi fatti con mattoncini marrone scuro, e di dover fare da babysitter a un gorilla. Spettacolo.
🧁 Bonus: La ricerca sugli animali e la loro possibilità di imparare il linguaggio umano, come avrete capito, non aveva preso una bella piega in quegli anni, ma non si è fermata. VICE racconta molto bene in un articolo com’è stata e com’è oggi, a partire da uno dei casi più popolari dell’ultimo periodo, quello del cane parlante Bunny, famosissimo su TikTok e Instagram (e adorabile, aggiungo io).
Sparizioni, RAI / Radio India / Muta Imago 🇮🇹
Vivere è cosa parecchio complicata. Ancor più complicato è trovare i tempi e i modi per scendere da quelle ruote da criceti su cui tutti bene o male corriamo e prendersi il tempo necessario per decantare le proprie emozioni, chiedersi come si sta e trovare una sottospecie di calma interiore. Il mio rimedio sono lunghe camminate, in cui lascio che i pensieri si dissolvano nel gesto sempre uguale e sempre diverso di poggiare un piede dietro all’altro. Negli ultimi tempi però il mio tempo libero si è a sua volta dissolto in rivoli di lavori pressanti e mestizie personali, lasciandomi in balia di torrenti interiori sotterranei e poco controllabili. Per fortuna mi è venuta in soccorso la versione di Sparizioni andata in onda sull’adorato Tre Soldi di Rai Radio 3, quanto di più vicino ho trovato alla meditazione in questo periodo.
Sparizioni è un podcast nato durante il lockdown di quasi due anni fa (!) e si presenta come un radio-road movie in salsa intellettuale.. Durante il corso dei quindici episodi da quindici minuti l’uno, Claudia Sorace e Riccardo Fazi (Muta Imago) visitano con le orecchie luoghi remoti e apparentemente inabitabili attraverso un pastiche di testi filosofici, musica e conversazioni asincrone con amicə artistə. I suoni provenienti da questi mondi inospitali e le splendide descrizioni che li accompagnano prendono per mano chi ascolta, trasportandolo fuori da sé e creando uno stato di sospensione dell’ego, in cui le parole sembrano contemporaneamente perdere significato e diventare portatrici di verità profondissime.
Mi rendo conto di avere scritto un paragrafo dal vago sapore marzulliano, ma non saprei come altro rendere giustizia a quanto mi è successo ogni volta che ho messo Sparizioni in cuffia. La struttura liquida degli episodi mi ha ricordato i rulli di carta lunghi decine di metri su cui Kerouac scriveva i suoi romanzi alle benzodiazepine. Mi sono perso, ritrovato, ri-perso. Sono sparito nel Deserto di Sonora e dentro l’Oceano Pacifico per finire poi a parlare di LSD e Boudrillard con Carl Sagan sulle infuocate spiagge di Malibu, mentre le Hole suonavano in un videoclip postmoderno diretto da Antognoni. O qualcosa di simile.
Ho approcciato Sparizioni con la stessa attenzione che riservavo al calendario dell’avvento da bambino: ai gesti misurati con cui aprire la finestrella senza strapparne i bordi ho associato l’atto di sedermi comodo, mettermi le cuffie preferite e schiacciare play con la massima concentrazione possibile. Una volta al giorno e non di più. Il progetto audio di Muta Imago è diventato così uno spazio personale attraverso cui tirare il fiato, coltivare riflessioni e, in definitiva, sparire dolcemente dentro me stesso.
🎧 Consigli di ascolto: Chiara ve ne ha già parlato in un numero precedente, ma l’app di RaiPlay Radio funziona piuttosto bene se si cerca Sparizioni come “collezione” all’interno del programma Tre Soldi. In alternativa potete trovare la versione non adattata ai tempi della radio di questo progetto audio sul profilo Spreaker di Radio India.
🧁 Bonus: mentre leggete questa newsletter Giacomo è in viaggio verso il Lucia Festival, dove ci sarà anche una performance di Sparizioni dal vivo. Cercatelo e fatevi regalare degli adesivi Orecchiabili.
Surviving Y2K, Pineapple Street Media / Topic 🇺🇸
Razionalmente trovo che Capodanno sia una festa insipida, che ha perso di senso nel momento stesso in cui ho smesso di ubriacarmi male con liquori di discutibile fattura. La parte rettiliana del mio cervello però percepisce questa fine/inizio come un’eccitante tavola imbandita di possibilità, il momento in cui impugnare la propria vita e diventare la versione migliore di me stesso e altre baggianate assortite di cui tutti siamo succubi. Ora, non so cosa io pensassi all’alba dell’anno Duemila, ma sono sicuro che la parte squamosa del mio cervello di tredicenne fosse eccitatissima dalla prospettiva di quel bel numero tondo. Di quel periodo in realtà ricordo solo due cose: la copertina del primo Topolino del millennio e il Millenium Bug.
Surviving Y2K, purtroppo, non parla di roditori antropomorfi e parte invece da quel poco romantico baco per raccontarci di persone le cui vite sono state stravolte, o forse no, a cavallo del nuovo millennio (ah, come sono felice di aver potuto usare questo luogo comune almeno una volta nella vita. Cavalcare i millenni. Che immagine. Che potenza.)
Per voi giovani alla lettura, il Millenium Bug, più conosciuto come Y2K nei paesi anglofoni, era un bug informatico che, alla scoccare della mezzanotte del 31 Dicembre 1999, avrebbe dovuto distruggere i computer di tutto il mondo, far saltare per aria decine di centrali nucleari e scatenare apocalissi di ogni gusto e qualità. Ovviamente non successe nulla di tutto questo.
Parte di Surviving Y2K è dedicata a capire cosa sia effettivamente accaduto nel mondo informatico: era Y2K una frode bella e buona o abbiamo davvero rischiato la catastrofe per un semplice cambio di data? I personaggi su entrambi i lati della barricata sono alquanto pittoreschi e a tratti sembra di sentir parlare i profeti del più folle cospirazionismo odierno, con la differenza che in questo caso è impossibile capire dove stia la ragione.
Y2K e la sua storia, per quanto interessanti, sono in realtà solo il motore che Dan Taberski, voce e autore del podcast, usa per raccontare quello che davvero gli interessa e che rende Surviving Y2K uno dei miei podcast del cuore: come reagiscono le persone quando pensano essere di fronte alla fine del mondo? Per rispondere a questa domanda Taberski ci porta a spasso in storie scelte con un delicato gusto per l’assurdo: si passa da una coppia di prepper hippie muniti di accetta e canetti in mimetica a una famiglia americana che decide di cercare l’arca perduta nei deserti israeliani, il tutto contornato dalle dimissioni di Yeltsin in Russia all’assurda corsa per far nascere il primo bambino del millennio in Utah. Taberski stesso diventa un personaggio del suo racconto, con le sue vicende personali a offrirgli lo spazio necessario per farci provare come si sta quando tutto intorno a te va in fiamme ed esplode.
A tenere insieme il tutto ci pensano la scorrevole scrittura dell’autore e la sua capacità di intrecciare organicamente tutto questo ben di dio narrativo nel compatto spazio di sei puntate, riuscendo nel piccolo miracolo di farci provare empatia verso alcuni dei più strambi personaggi che mi sia capitato di ascoltare in anni di podcast.
Sono passati quasi ventidue anni dalla febbre del Millenium Bug e direi che possiamo affermare con un certo grado di sicurezza che il mondo non è finito nel gennaio del Duemila e che non finirà nemmeno in uno dei capodanni prossimi venturi. Per quanto sia affascinante sperare in un salvifico evento che riporti tutto a una sorta di magma primordiale, azzerando le nostre storie e permettendoci di ricominciare daccapo, alla fine dobbiamo tenerci le vite che abbiamo, fare i conti con il nostro passato e accettare di costruirci un futuro accettabile a partire da quel marasma del nostro presente.
🎧 Consigli di ascolto: se le avventure informatiche non vi appassionano un granché cercate di sopravvivere alla prima puntata perché ne vale davvero la pena (e di computer alla fin fine si parla molto poco)
🧁 Bonus: una SPLENDIDA guida per sopravvivere a Y2K con grafiche orripilanti, discutibili esperti e, per qualche motivo, Leonard Nimoy (a.k.a. Spock) a narrare il tutto. Fatemi sapere se riuscite a vederne tutti i 60 minuti. Io torno a guardarmi Alex l’ariete.
⏭ Orecchie a 2x:
Nel mondo dei podcast accadono cose un po’ in continuazione e non sempre riusciamo, per motivi di spazio, tempo o (addirittura) linea editoriale, a segnalarvi tutto quello che vorremmo. Quindi eccovi un po’ di notizie fresche fresche in poche comode parole:
Dicembre è periodo di listone di fine anno. Oltre allo Spotify Wrapped, c’è un modo lì fuori e le nostre preferite sono quella del New York Times, del Time e, ovviamente, la tradizionale Bello 100.
È uscito un nuovo episodio di Strano podcast in cui, tra le altre invitate, c’è proprio lei, Giulia Sagramola, la mano dietro le bellissime illustrazioni di Orecchiabile
Non saranno podcast, ma eccovi dei regali di Natale per le orecchie: un paio di orecchini Prïe, fatti a mano e con amore a Genova da persone amiche della vostra newsletter preferita.
Bene, anche per oggi è tutto. Ora, srotolate i fili delle cuffiette e iniziate ad ascoltare! Sentiamoci su Instagram e se vi va, condividete questa newsletter con qualcuno che pensate possa apprezzarla.
Chiara & Giacomo