Milano, Londra, Amsterdam, Kyiv
la recensione di “Cinema Eros” e di "Ukraine: Under the Counter".
Ciao Orecchiabilinə,
siamo in ritardo di una settimana, ma abbiamo le nostre buonissime ragioni. Ve le spieghiamo in mezzo a questa newsletter in cui, oltre a raccomandarvi due ascolti di gran gusto, vi parliamo dei nostri viaggi (per una volta fisici) nel mondo dell’audio e scriviamo qualche riga di sentito requiem per Gimlet Media.
Chiara vi parlerà quindi di Cinema Eros e di uno degli attentati meno ricordati della storia italiana, mentre Giacomo vi porterà dentro una piccola grande storia al confine tra Polonia e Ucraina.
Prima di andare, vi segnaliamo che se questo weekend andate a Il Pod ci potete trovare un Giacomo in libera uscita. Scrivetegli, fermatelo e parlategli. Di solito non morde.
Pronti, partenza, play!
Cinema Eros, Corriere della Sera / Chora Media 🇮🇹
Cinema Eros è un lungo approfondimento giornalistico in formato audio che vuole riportare alla luce un tragico evento che nel corso degli anni è stato tristemente dimenticato dalla memoria collettiva: l’incendio del Cinema Eros per mano del collettivo Ludwig, il più grave attentato avvenuto a Milano dopo Piazza Fontana. L’host e giornalista del Corriere della Sera Alessandra Coppola si adopera per ricostruire meticolosamente l’attentato che colpì il cinema il 14 maggio 1983 a Milano.
I primi due episodi si concentrano sui momenti che precedono l’incendio e quelli successivi, mentre il terzo racconta più nel dettaglio cos’è Ludwig e il quarto ci porta nella Milano di oggi, a trent’anni di distanza, per capire cosa resta del Cinema Eros, metaforicamente e letteralmente. A tenere insieme tutti e quattro gli episodi, è il tentativo, riuscito, di non limitarsi a raccontare i fatti, ma di indagare i motivi per i quali le sei vittime di questa strage sono state dimenticate.
Cinema Eros è ben confezionato, e riesce a dare la giusta dignità a questa strage dimenticata, offrendo una testimonianza preziosa attraverso una narrazione che procede con un tono giornalistico che evita facili sensazionalismi, per mettere in risalto il certosino lavoro di ricostruzione dei fatti che sta dietro a questo podcast. Solo sul finale, e per questo ancora più presi alla sprovvista, si rischia di sentire il cuore cedere, e non proseguo oltre per non spoilerare.
🧁 Bonus: se volete saperne di più su Ludwig, ascoltatevi (se non lo avete già fatto) le due puntate di Indagini a loro dedicate.
✈️ Orecchiabile Giramondo
Tra i motivi della nostra assenza della scorsa settimana e delle recensioni un po’ meno strabordanti di parolea, c’è il fatto che negli ultimi tempi siamo stati a zonzo per l’Europa a vedere cosa succede nei festival di podcast degli altri paesi (chissà che prima o poi anche noi…).
Oorzaken, Amsterdam - Giacomo
Sono finito all’Oorzaken, uno dei festival più importanti del panorama europeo e il festival sorella del nostro Lucia Festival, un po’ per caso, incastrandolo tra un viaggio di lavoro e un matrimonio. Ad accogliermi c’era il contingente italiano che aveva appena partecipato al MIRP, il meeting dei produttori radio indipendenti. A far gli onori di casa ci ha pensato Jonathan Zenti, che ha aperto la giornata del sabato, dedicata a produttori e aspiranti tali (ciao!), con un bellissimo e importante discorso sullo stato delle cose nel mondo dei podcast. Il riassunto? I soldi sono finiti e, visto che chi è entrato nell’audio per lucrarci migrerà verso più verdi pascoli, chi come noi da questo fantastico posto non se ne vuole andare avrà l’opportunità di renderlo più bello e interessante, producendo per gli ascoltatori e non per gli investitori. A seguire, mi sono perso in un vortice di talk e chiacchiere interessanti con alcuni dei produttori europei che più mi piacciono e di cui prima o poi proveremo a farvi ascoltare i lavori sottotitolati. A chiudere la giornata ci hanno pensato un paio di splendide performance, in cui l’audio giocava un ruolo centrale. Segnatevi il nome di questo festival e venite a farci un giro con me ad Amsterdam il prossimo anno.
The Podcast Show, Londra - Chiara
Sono andata all’evento con il cappello di Head of Ad Operations di Spreaker (il mio lavoro al di fuori di queste pagine), prendendo anche parte come invitata a un panel, sul programmatic advertising. Vi risparmio il resoconto dei miei incontri lavorativi e degli altri panel “tutto business” a cui ho partecipato e passo alla cosa che più mi ha sorpresa in positivo: per la prima volta non mi sono sentita di lavorare in una industry US-centrica. Tra i cinquemila partecipanti c’erano moltissimi produttori e aziende europei. C’erano anche molti panel interessanti per chi produce i contenuti, da discussioni sull’evoluzione e l’etica del giornalismo investigativo, ad approfondimenti su modalità di monetizzazione, il tutto condito da moltissimi meet-up e opportunità di confronto tra produttori e addetti ai lavori, tipo me. Insomma, un bel posto dove passare qualche giorno, fare del sano networking e portarsi a casa un po’ di idee interessanti. Manca ancora un programma pensato per gli ascoltatori, a parte le serate dedicate ai podcast live, ma sono sicura che ci arriveremo nei prosimi anni. Tra i vari incontri che ho fatto, ho finalmente conosciuto dal vivo Lauren Passell, autrice di “Podcast The Newsletter”. Lauren, poi, nella sua newsletter successiva all’evento ha scritto di Orecchiabile: «I don’t just love it because I love Italian, Orecchiabile speaks to my soul». Ecco qua la nostra nuova tagline.
Ukraine: Under the Counter, Radiolab / Rough Translation 🇺🇸
Siamo nelle prime settimane della guerra in Ucraina e Katz Lazlo, una producer radiofonica con base ad Amsterdam, si interroga se abbia senso aggiungere la sua voce alla frastornante cacofonia di racconti che da Kyiv riempiono le frequenze radio di mezzo mondo. Podcast e programmi statunitensi sono affamati di storie dal campo e per qualcuno con i suoi contatti sarebbe relativamente semplice farsi commissionare un pezzo, ma Lazlo decide di restare in disparte e di non mettersi insensibilmente a caccia di qualcosa da raccontare in mezzo a tutta quella sofferenza. D’altronde cosa potrebbe aggiungere di utile al discorso pubblico?
Il karma però è in agguato e premia l’etica di Lazlo regalandole, attraverso il passaparola di persone a lei vicine, una storia di quelle che proprio non si possono non raccontare e che, questa sì, può illuminare un angolo nascosto di quello che sta accadendo in Ucraina intorno a questa folle invasione. È così che nasce la miniserie in due episodi di cui ho deciso di parlarvi oggi, prodotta da Lazlo per un’inedita collaborazione tra Radiolab, il più famoso e celebrato podcast su scienza e dintorni del globo terraqueo, e Rough Translation, un podcast di NPR che guarda a quello che succede nel mondo.
La storia inizia quando Vicki, una dottoressa tedesca con radici ucraine decide di arruolarsi come volontaria in un centro di raccolta a Berlino, uno di quei posti in cui si concentrano tutte le donazioni e si cerca di capire cosa manca a Kyiv. Tra le cose che vengono richieste e di cui il centro non ha nessuna disponibilità ci sono pillole abortive. Sono i giorni in cui la ritirata russa si lascia dietro gli orrori di Bucha e racconti di violenze sessuali usate sulla popolazione civile come strumento di guerra. Vicki è scossa e vuole fare qualcosa. Attraverso amici e parenti, riesce a mettersi in contatto con un esportatore di farmaci africano e a mettere in piedi un arzigogolato piano per far arrivare delle pillole in Europa e, successivamente trasportarle in Ucraina attraverso il confine polacco. È così che inizia la sua avventura come contrabbandiera. Mi fermo qui con il racconto per non spoilerarvi oltre, ma vi posso assicurare che non mancheranno una colorata serie di personaggi così fantastici da sembrare inventati e, nonostante l’argomento, momenti di ilarità.
Il grande pregio dei programmi della radio pubblica nordamericana è, da ormai più di un ventennio, quello di riuscire a raccontare storie “piccole” e avvincenti, usandole come trampolino per fare riflessioni su temi più grandi e sulla Storia in senso lato. Questa miniserie non fa eccezione, con la narrazione a seguire frenetica l’avvincente racconto di improvvisati contrabbandieri, per poi rallentare, lasciando all’ascoltatore il tempo di digerire la grandezza di quello che ancora oggi succede qualche migliaio di chilometri più est di dove siamo. Il tutto è filtrato attraverso un riuscito mix tra lo stile sincopato e science-based di Radiolab e quello più rilassato di Rough Translation e del suo host Gregory Warner.
In un momento in cui si ritorna a parlare di Ucraina, con lunghe discettazioni su movimenti di truppe, posizioni strategiche e perdite di mezzi, questa miniserie ha il grande pregio di ricordarci, senza drammatizzazioni, che in mezzo a tutto questo turbinio di eventi storici, quello che è in gioco sono le vite di singoli individui, inutilmente stravolte dalla stupidità umana.
🎧 Consigli di ascolto: il titolo di questa recensione è quella della prima puntata, che trovate al link qui sopra nel feed di Radiolab. Trovate lì anche la seconda puntata (Ukraine: The Handoff), oppure potete seguire questo link al feed di Rough Translation per la par condicio. Tutto questo perché la miniserie non ha un nome vero e proprio.
🧁 Bonus: Katz Laszlo ha un podcast che racconta e raccoglie storie da tutta Europa. Si chiama The Europeans e penso proprio che dovreste ascoltarlo.
💀 Gimlet Media (2014-2023)
In questa newsletter trovate solitamente poco di quello che succede nella parte industry dei podcast, ma questa volta non riusciamo proprio a trattenerci e dobbiamo scrivere due righe di commiato per Gimlet Media, la casa di produzione che, insieme a Serial, ha cambiato il nostro udito (esageriamo, ma non troppo).
Gimlet è stato uno dei riusciti e avanguardisti (insieme a Radiotopia) tentativi di trasformare i podcast in un vero medium creativo, utilizzando le lezioni imparate in un secolo di radio per raccontare storie in maniera nuova e originale, liberando la narrazione audio da tanti di quei lacci e lacciuoli a cui la stretta programmazione radiofonica lo costringe. A Gimlet dobbiamo molti dei nostri podcast preferiti (Heavyweight, Mistery Show, Reply All) e l’esplosione del mezzo che tanto amiamo e di cui vi parliamo su questa newsletter.
Nel 2019 Gimlet è stata acquisita da Spotify, contribuendo a segnare in qualche modo la fine di quella bellissima epoca di fermento creativo che alcuni chiamano “Radio Revolution” e l’inizio dell’era industriale del podcast, in cui spesso si producono contenuti più per il vile denaro che per la gioia degli ascoltatori.
Spotify di Gimlet non ha mai veramente capito che farsene, chiudendone gli show dentro il suo giardino dorato e rendendoli disponibili solo sulla sua piattaforma, finendo per succhiarne via via la linfa vitale attraverso scelte prese da manager più attenti al portafoglio che alla cura artistica di quella che, una volta, era la miglior casa di produzione del mondo (e che tra l’altro era pure, con alcuni podcast, una macchina da soldi).
A inizio settimana, Spotify ha deciso di seppellire definitivamente quello che restava del cadavere di una compagnia che ha pagato ben 230 milioni di dollari solo qualche anno fa, inglobando lo staff dentro gli Spotify Studios e licenziando oltre 200 tra le persone che hanno contribuito a realizzare gran parte dei lavori che ci hanno fatto innamorare dei podcast. Non solo: ha fatto la stessa cosa con Parcast, un’altra casa di produzione storica acquisita senza capirne il senso. Siamo ormai convinti che a prendere le decisioni, lì ai piani alti di Spotify, ci sia Roman Roy di Succession. Non c’è altra spiegazione.
Sapevamo che tutto questo prima o poi sarebbe successo, ma ci ha fatto piuttosto male.
Bene, anche per oggi è tutto. Ora, srotolate i fili delle cuffiette e iniziate ad ascoltare! Sentiamoci su Instagram e se vi va, condividete questa newsletter con qualcuno che pensate possa apprezzarla.
Chiara & Giacomo
ben fatto!