Ciao Orecchiabilinə,
una decina di giorni fa Orecchiabile ha compiuto un anno e per festeggiare siamo andati a folleggiare in un club berlinese fino alle ore piccole del mattino (che per noi sono quelle in cui la gente inizia ad arrivarci, nei club berlinesi). Il risultato di tutto questo festeggiare sono stati una domenica di hangover mortale e allarmi continui di contatti con positivi sull’Immuni tedesca. Tutto molto bene insomma. Per riprenderci, abbiamo ascoltato solo podcast leggerissimi e ridanciani. Chiara ha trovato giustificazioni pseudo-scientifiche per continuare a guardare le vite dei suoi vicini di casa con Normal Gossip. Giacomo invece ha finalmente trovato un nuovo gioco con cui tormentare gli amici e parenti grazie alle domande surreali di Cosa Faresti.
Se siete nuovə da queste parti e avete bisogno di una dose suppletiva di podcast da ascoltare, potete tornare a frugare nei listoni dei podcast recensiti finora (italiani e in lingua inglese).
Pronti, partenza, play!
Normal Gossip, Kelsey McKinney / Defector Media 🇺🇸
Qualche anno fa sono andata da sola a New York per un viaggio di lavoro. Tra un meeting e l’altro mi sono infilata in uno di quegli eventi di “networking” per sole donne. Tutto bellissimo, se non fosse che sono le classiche occasioni in cui se vai completamente in solitaria rischi di non riuscire a parlare con nessuno e di trovarti in un angolo a bere un cocktail con i petali di fiori offerto dagli organizzatori. Sono arrivata a tanto così da abbandonare la nave e rifugiarmi nel mio albergo col letto enorme, quando in bagno ho stretto amicizia con una ragazza australiana. Abbiamo trascorso tutta la serata insieme e dopo troppi cocktail coi petali di rose ci siamo scambiate i numeri e, essendo entrambe sole in città, abbiamo deciso di visitarla insieme il giorno dopo. È così che un sabato mattina mi sono trovata, in hangover, all’ottavo piano del Whitney Museum a fare colazione con una mezza sconosciuta mentre mi confessava di aver recentemente tradito suo marito con un collega durante una trasferta lavorativa (non questa, credo).
Non lo aveva detto a nessuno, tranne me. Era una cosa epica, un momento di svolta nella sua vita e io ero la custode di questo segreto che ho potuto poi raccontare ai miei conoscenti senza rischiare di rovinare la vita di nessuno. È quello che certi chiamano farsi gli affari altrui, mentre Kelsey McKinney lo definisce normal gossip: succosi, scioccanti e a tratti divertenti aneddoti sulle vite di altre persone che non conosciamo e che forse non conosceremo mai. L’idea del podcast nasce proprio da questo bisogno, cioè di conoscere dettagli e pezzetti delle vite degli altri da raccontare poi ad altri. Necessità che è sempre stata presente per McKinney ed è venuta meno durante la pandemia, quando la cerchia di persone con cui rimanere in contatto e gli argomenti di cui parlare si sono improvvisamente ristretti. Il gossip che mancava a McKinney non è né quello relativo alle vite luccicose delle celebrity, né quello acido e giudicante delle vecchie in coda alle Poste. Aveva bisogno di quel normal gossip che si infila direttamente nelle vite degli altri, nelle loro scelte e nelle loro situazioni e ti fa nutrire una sorta di sana empatia verso degli sconosciuti.
Per farla breve potrei dire che Normal Gossip è musica per le orecchie dei ficcanaso, che se passano davanti una finestra senza tende si fermano per guardarci dentro (evviva il Nord Europa), per quelli che buttano un occhio sullo schermo di uno smartphone che si illumina o che, ancora, quando un collega condivide lo schermo durante una chiamata, guardano i file sul desktop, le cartelle aperte, e sono pronti a leggere ogni minuscola notifica che dovesse apparire. Se volessi buttarla sul poetico-patetico direi che è il podcast per chi osserva gli altri e si immagina le loro vite.
McKinney invece si appoggia addirittura su delle basi teoriche, riprendendo un articolo che aveva scritto per il New Yorker, in cui spiegava come il fare gossip non vada considerato peccato e analizzando il rapporto che intercorre tra gossip e la chiesa cristiana conservativa. In quell’articolo McKinney usa studi antropologici e analisi psicosociali per dimostrare come in passato il gossip sia stato demonizzato soprattutto da figure autoritarie (solitamente di sesso maschile) per mettere a tacere possibili verità scomode sul loro conto, condannando quindi questa piacevole attività a essere considerata un comportamento immorale e onanistico. In realtà, il gossip avrebbe un’importante funzione sociale: aiuta a instaurare rapporti di amicizia in dinamiche di gruppo e a rompere eventuali strutture di potere tossiche a livello sociale.
In Normal Gossip, sebbene vengano date queste premesse nella prima puntata, il tono è molto più rilassato e ci si diverte ad esplorare la parte più leggera e superficiale: farsi genuinamente gli affari altrui. Si parla di storie di vita normali di persone normali e proprio per questo incredibilmente interessanti: ci imbattiamo in un novello fidanzato dalle dubbie dinamiche familiari, in un gruppo di knitters di provincia messo in subbuglio da una fotografa appena trasferitasi in città, o ancora in intrecci sospetti all’interno di un gruppo di post-dottorandi.
Ascoltare Normal Gossip mi ha lasciata addosso una tranquillità inaspettata, quella che ho quando sono seduta sul divano insieme a un’amica con cui ci siamo raccontate così tante cose di noi che iniziamo a parlare di sconosciuti, pur di non smettere di parlare e nel podcast ho ritrovato quella spontaneità fatta di risatine incontrollabili e commentini pungenti.
🎧 Consigli di ascolto: ho ascoltato una puntata ogni mattina, tra la colazione e la passeggiata intorno casa per prendere un po’ di quei tenui raggi di sole pre-primaverili che ci ha regalato Berlino e consiglio di fare lo stesso. Anche se non siete a Berlino. Anzi, meglio.
🧁 Bonus: qui interviene Giacomo, che di questo podcast non sa niente ma invece sa tutto su Defector Media. È una delle sue storie di giornalismo preferite e di cui in Nordamerica si parla molto. La storia va più o meno così: c’era una volta Deadspin, uno dei migliori siti di sport in circolazione. Era una specie di aggregatore di blog molto curato, pieno di illuminanti longform, analisi tecniche e classifiche dei giocatori più sudati stilate da una redazione un po’ cazzona. Gente brava a scrivere, che si divertiva a farlo senza un piano editoriale. Poi, tagliando cortissimo, è arrivato un fondo di investimento ad accaparrarsi il tutto, ponendo fine a tutta questa bellezza e provocando una fuga di massa. Conseguenza: la morte di Deadspin. Trascorso qualche mese gran parte della suddetta redazione un po’ cazzona ha fondato Defector Media, che vive grazie alle sottoscrizioni di tutti quelli che, come Giacomo, piangevano la morte di Deadspin. Il loro claim aziendale è All of our bullshit, none of theirs. Come non volergli bene?
Cosa Preferiresti, Nazari/Burbank 🇮🇹
Cosa preferireste tra una recensione fatta di continue domande retoriche e il consueto florilegio di aggettivi e subordinate a cui vi abbiamo abituati? E preferireste essere un cervo con dei baffi al posto delle corna o forse un gatto con della corna al posto dei baffi? E ancora, se doveste vivere un anno su un'isola deserta preferireste portarvi dietro un lemure addomesticato o un cuscino di piume d’oca?
A queste (insomma, quasi) e altre improbabili domande rispondono Dutch Nazari e Alessandro Burbank in Cosa Preferiresti, un nuovo podcast di cui mi sono stupidamente innamorato nelle ultime settimane e su cui ho deciso di scrivere qualche riga anche se ad oggi sono uscite solo un paio di puntate. Nazari (o Dutch? o Dutch Nazari? o forse DN?) e Burbank sono due personaggi che vivono su quella sottile linea che divide il mainstream culturale dagli oscuri sottoboschi indipendenti e che hanno fatto del giocare con le parole di fronte a un pubblico il loro mestiere. Uno, DN, è un cantautorapper che scrive cose come in senso lato la vita è una trama condita di intrecci banali / con scenografie artificiali / che fanno da sfondo a dialoghi superficiali / tra luoghi comuni volgari. L’altro, Burbank, fa parte di quella nuova genia di poeti che, oltre a fare le cose serie e culturalmente appropriate per un poeta (tipo scrivere mogi con calamai e pennini e vincere oscuri premi), portano le loro barbe sul palco dei Poetry Slam e fanno vivere le loro poesie recitandole come dei veri e propri perfomer e, spesso e volentieri, facendo sganasciare dalle risate i presenti. Insomma, ai due piace parlare e hanno fervide immaginazioni forgiate dal fuoco di mille riflettori da palcoscenico.
Negli ultimi anni il nostro dinamico duo si è trovato a fare lunghe camminate congiunte. E cosa fare mentre si cammina se non mettersi a pasticciare gioiosamente con parole e pensieri? È così che è nato Cosa Preferiresti. Il format è semplicissimo: Nazari e Burbank si preparano una lista di domande demenzialmente surreali, il cui incipit è sempre «cosa preferiresti tra». Le domande vengono poi sottoposte a ospiti vari ed eventuali, costringendoli ad argomentare sul perché avere gli occhi sul palmo delle mani sia meglio che avere una coda. C’è chi la prende sul serio e dà spiegazioni incredibilmente ragionate come Martin Sal nella prima puntata e chi, inevitabilmente, la butta nel ridancianesimo come Dargen D’Amico. È tutto molto bello.
Cosa Preferiresti non è un podcast di grandi narrazioni o di storie che tengono con il fiato sospeso e, forse proprio per questo, è stata una benvenuta ventata di aria fresca nelle mie cuffiette. Dietro c’è un’idea originale che, nutrita con amore e registrata/montata con gusto, semplicemente, funziona. Ascoltando questo podcast ho ritrovato certe bellissime sensazioni di quando, da piccolo, mia sorella approfittava di lunghi viaggi in macchina per costringermi in quegli illuminati e complicatissimi giochi fatti di parole e immaginazione che solo i bambini chiusi in auto per troppe ore riescono a inventare. Vi sfido a sentire più di dieci minuti di Cosa Preferiresti senza ridacchiare felici e pensare con un sorriso agli amici a cui riproporrete la vostra domanda preferita.
🎧 Consigli di ascolto: le puntate sono brevi e ce ne sono solo un paio (altre in arrivo), quindi non ho granché da consigliarvi. Siccome sono buono non vi ho spoilerato nessuna delle domande del podcast. Quelle che trovate qui sopra me le sono inventate di sana pianta (Nazari/Burbank, sentitevi liberi di contattarmi come ghost writer)
🧁 Bonus: già che vi ho parlato di Poetry Slam, vi butto lì una piccola bella poesia di chi i Poetry Slam me li ha fatti conoscere, il sommo Filippo Balestra. Mi par quasi brutto far questa partigianeria, ma il video è girato a Genova dalla persona che faceva i video per uno dei miei gruppi preferiti. E allora.
⏭ Orecchie a 2x:
Nel mondo dei podcast accadono cose un po’ in continuazione e non sempre riusciamo, per motivi di spazio, tempo o (addirittura) linea editoriale, a segnalarvi tutto quello che vorremmo. Quindi eccovi un po’ di notizie fresche fresche in poche comode parole:
facciamo gli autorefenziali e vi segnaliamo che qualche giorno fa abbiamo recensito l’Ebreo Onorario (Chora Media) per Rolling Stone.
da qualche settimana Francesco Costa si è messo a segnalare podcast belli e meritevoli nel suo Morning. Venerdì scorso è stato il turno di Carla, un podcast di cui avevamo parlato un annetto fa e che, grazie al buon Costa, è ora tornato in cima alle classifiche di ascolto. Recuperatelo!
Bene, anche per oggi è tutto. Ora, srotolate i fili delle cuffiette e iniziate ad ascoltare! Sentiamoci su Instagram e se vi va, condividete questa newsletter con qualcuno che pensate possa apprezzarla.
Buona Primavera (cit.)
Chiara & Giacomo