Ciao Orecchiabilinə,
arriviamo nelle vostre caselle di posta in ritardo di un giorno, ma con due curatissimi consigli di ascolto un po’ al di fuori dalle coordinate da cui siamo soliti pescare. Chiara vi parlerà di realtà, immaginazione e meta-racconto con lo splendido UnReality, mentre Giacomo vi porterà tra le montagne e la musica del ventennio fascista con Sbandato. Oggi ci teniamo, per una volta, corti e chiudiamo questa intro qui per lasciar spazio alle vostre orecchie.
Come sempre, vi ricordiamo che trovate tutte le recensioni di podcast italiani sul nostro sito e che, se vi va, potete supportarci consigliando questa podcast ad amici e conoscenti (meglio se milionari) o comprando una delle nostre fantastiche magliette.
Pronti, partenza, play!
UnReality, Talia Augustidis 🇬🇧
UnReality è un podcast in quattro puntate che non superano i quindici minuti in cui l’autrice Talia Augustidis esplora i confini tra realtà e finzione. Ognuno degli episodi è un peculiare esercizio di stile, che affronta con piglio diverso e sempre sorprendente come l’immaginazione possa convivere insieme al reale.
Gli episodi di UnReality sono tenuti insieme da un’idea tanto semplice quanto potenzialmente infinita: qualsiasi storia contiene al suo interno un nucleo di verità, che viene poi trasformato attraverso le mani, gli occhi e la voce di chi lo racconta diventando, di fatto, finzione. Ne è un magistrale esempio il primo episodio, Sleep Talks, in cui Augustidis racconta il tentativo di dare un senso ai discorsi che il suo fidanzato fa mentre dorme. L’episodio è anche un meta-racconto della difficoltà che un autore ha nel dare senso narrativo a eventi che apparentemente non lo hanno: per tre anni Augustidis ha cercato di studiare e capire il significato delle frasi senza senso che il suo fidanzato dice quando parla nel sonno in uno stato catatonico perfettamente in bilico tra sonno e veglia, e, in parallelo, tra realtà e finzione.
Qui sopra trovate Sleep Talks con i sottotitoli in italiano grazie al Lucia Festival
Augustidis riflette poi su come spesso sia la nostra immaginazione a riempire i vuoti lasciati dai ricordi sbiaditi di una storia vera, come nel caso del terzo episodio, The Sound Collector, in cui a partire dalla lettura di un vecchio diario di sua sorella, torna a un momento preciso e delicato della sua infanzia per comprendere quanto dei suoi ricordi sia vero e quanto sia frutto della fantasia con cui spesso si riempiono i buchi della sceneggiatura del proprio passato, soprattutto quando sono dolorosi.
Non credo sia un caso che il primo episodio di UnReality sia proprio Sleep Talks, in cui l’ascoltatore riesce a farsi un’immediata idea dello stile di Augustidis e del suo talento audiofonico (concedetemi il neologismo) fatto di suoni morbidi e intimi, come quello della sua voce, e di un sound design brillante e originale, pieno di cura e di riusciti tentativi di non risultare mai banale. È proprio questo suo riconoscibile timbro audiofonico ad essere di fatto il vero narratore del podcast, appoggiando un ennesimo strato narrativo di finzione sulla gustosa torta di questo podcast.
Quello di Talia Augustidis è il suono di una giovane voce del panorama radiofonico internazionale (non a caso con l’episodio The Sound Collector ha vinto il premio Charles Parker Award dedicato proprio ai migliori studenti radiofonici) che ha alle spalle una conoscenza impeccabile del mondo creativo audio che la precede, da cui non solo attinge ma rielabora e fa suo, ottenendo così uno stile riconoscibile e impossibile da non apprezzare. Se non vi fidate di me, allora fidatevi del Tribeca Festival, che ha selezionato UnReality per la parte audio dell’edizione di quest’anno.
🎧 Consigli di ascolto: Abbiamo ascoltato Sleep Talks in anteprima a dicembre durante il Lucia Festival. Ero seduta per terra in un sala al buio, appoggiata a dei morbidi cuscini e con il viso illuminato dal fascio di luce di un proiettore. Accompagnata dai sottittoli in italiano, mi sono ritrovata a ridacchiare divertita per le frasi buffe e prive di senso del fidanzato di Talia Augustidis. Vi consiglio di fare lo stesso: tirate giù le serrande, o coprite le finestre con le tende, mettete il video con i sottotitoli sul televisore, un paio di cuscini a terra sul tappeto del salotto e godetevi questo viaggio ridacchioso nella testa del povero Eddie. Ho aspettato uscissero anche gli altri episodi per avere conferma di quello che già si intuiva dal primo ascolto: Talia Augustidis ha una certa stoffa e gli altri tre episodi del podcast ne sono la conferma.
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Sbandato, Doremind 🇮🇹
È l’8 settembre del 1943 e hai una ventina d’anni. Vieni dalla pianura lombarda, ma ti trovi in alta montagna, in un rifugio a duemila metri di altitudine, al confine tra Italia e Francia. Per tre anni sei rimasto isolato lassù, impegnato a difendere un confine invisibile, patendo il freddo, la nostalgia di casa e, a tratti, pure la fame. Improvvisamente tutto cambia. L’Italia firma un armistizio con gli alleati e tu devi scegliere: puoi lasciarti catturare dai nazi-fascisti, unirti ai repubblichini di Salò o prendere parte alla nascente guerriglia partigiana. Cosa faresti?
Piero Porro decide di rifiutare tutte queste opzioni, scappare verso le terre natie e vivere il resto della guerra da “sbandato”, clandestino nel proprio paese. Sbandato è il postumo tentativo di suo nipote, Alessandro Porro, di rimettere insieme la storia degli anni che Piero ha passato su quelle montagne, a partire da qualche sbiadita fotografia e da quegli evanescenti racconti che spesso i nostri antenati si lasciano dietro di loro.
Mi sono approcciato a questo podcast pensando di trovarmi davanti un altro Carla, ovvero un podcast in cui attraverso frammenti di ricordi viene ricostruita e fissata la memoria di una persona. Ero pronto ad ascoltare storie di montagna e già pregustavo il racconto di una rocambolesca fuga tra nugoli di nazi-fascisti inferociti. Sbandato non è nulla di questo. È un podcast strano, che non sempre rispetta le aspettative che crea nell’ascoltatore, spiazzandolo mentre si perde in tangenti inaspettate.
In otto episodi, Alessandro ripercorre sì la storia di suo nonno, ma, vuoi per inclinazione personale, vuoi per mancanza di un diario a cui appoggiarsi, si lascia spesso trascinare dalle suggestioni in cui si imbatte nelle sue ricerche, in un involontario parallelo con gli strattoni che la Storia ha riservato al suo antenato. Piero e le sue (dis)avventure restano quindi un po’ sulle sfondo, mentre ci addentriamo in disamine sulla sessualità in epoca fascista, seguiamo la nascita della radio italiana o scopriamo come innocue canzonette da bar siano diventate inni del Partito Nazionale Fascista.
Sbandato è pieno di ottime intuizioni, come effetti sulla voce a dividere il narratore Alessandro dal produttore Alessandro e momenti da cinegiornale dell’Istituto Luce e un suo stile particolare che, come spesso succede alle meglio produzioni indipendenti, lo differenzia dal resto del mondo podcast italiano. Particolarmente interessante è l’uso massiccio della musica di quegli anni, le cui storie e canzoni, ri-registrate negli studi di Doremind per l’occasione, diventano quasi inaspettatamente uno dei temi portanti del podcast e un prisma attraverso cui leggere la storia di Piero e quella dell’Italia.
Sbandato non è un lavoro perfetto, ma proprio per questo è un podcast da cui è bello lasciarsi sorprendere, apprezzandone le trovate geniali e le storture che lo rendono così interessante.
🎧 Consigli di ascolto: non ascoltatelo tutta in una volta, ma scegliete dei momenti rilassati e tranquilli in cui farvi cullare dalla storia sussurrata di Sbandato. La morbida voce di Alessandro Porro e la sua andatura lenta e a tratti quasi ipnotica vi trasporteranno con gentilezza in un’altra epoca.
⏭ Orecchie a 2x:
Nel mondo dei podcast accadono cose un po’ in continuazione e non sempre riusciamo, per motivi di spazio, tempo o (addirittura) linea editoriale, a segnalarvi tutto quello che vorremmo. Quindi eccovi un po’ di notizie fresche fresche in poche comode parole:
Sono uscite le registrazioni delle YASS! masterclass organizzate dalle amiche di Radio Papesse. Sono tutte bellissime, ma quella di Nanna Hauge Kristensen ci pare addirittura necessaria per chiunque lavori (o sogni di) con l’audio.
Ci siamo dimenticati di segnalarverlo nell’ultimo numero, ma il nuovo daily di Internazionale ci piace davvero tanto (e per forza, ci ha messo le mani Jonathan Zenti)
È iniziata la seconda stagione di WILD, un podcast che avevamo molto apprezzato l’anno scorso. Da oggi con una Megan Tan (host di Snooze e altre cose belle) in più come co-host.
Avete ancora due settimane per iscrivere il vostro podcast a il Pod!
Bene, anche per oggi è tutto. Ora, srotolate i fili delle cuffiette e iniziate ad ascoltare! Sentiamoci su Instagram e se vi va, condividete questa newsletter con qualcuno che pensate possa apprezzarla.