Ciao Orecchiabilinə,
quest’oggi vi regaliamo un pout-pourri di podcast, perfetto da mettere nei vostri armadi per preparare con dolcezza i vostri maglioni al lento inizio delle stagioni fredde, che qui a Berlino a dir la verità sono già arrivate da un po’.
Chiara vi parlerà di Morning, il miglior podcast daily da prendere con il caffè, mentre Giacomo vi introdurrà alla più grande truffa della Silicon Valley con The Dropout, per poi trascinarvi sugli infiniti campi da tennis di Gravity.
Ah, dimenticavamo: tenete un occhio sul programma del Festival di Internazionale. Dovrebbe uscire a giorni e potrebbe esserci qualche sorpresa in serbo.
Pronti, partenza, play.
Morning, Il Post 🇮🇹
Se l’inizio di questa recensione fosse l’incipit di un film, inizierebbe con un primo piano della moka sui fornelli della mia cucina, seguito da un’inquadratura stretta sulla mano che spegne il fuoco e da un piano sequenza con la camera da presa che mi segue di spalle mentre porto il caffè sul tavolo. Poi mi si vede premere play sullo schermo del cellulare e i suoni del mondo esterno si attutiscono, e mentre nelle mie cuffie arriva la voce di Francesco Costa, mi spalmo un po’ di marmellata su una fetta biscottata. Ma no, la mia vita non è un film e per quanto ami ascoltare Morning mentre faccio colazione, non va sempre così. Certe volte lo ascolto mentre mi lavo i denti, o in pausa pranzo o altre prima di andare a dormire. È proprio questo il bello dei podcast giornalieri, entrano a far parte della quotidianità in un modo molto più intimo della radio. Sono lì quando tu vuoi che ci siano, non il contrario.
Morning è il primo vero podcast daily italiano. Non è il solo che racconta le notizie del giorno, ma l’unico che lo fa sfruttando e lavorando sul rapporto uno a uno con l’host. Francesco Costa, voce del podcast e il vicedirettore de Il Post è conosciuto, seguito e apprezzato da una larga community di seguaci (più di duecentomila su Instagram). Molti sono arrivati seguendo la sua newsletter sulla politica americana Da Costa a Costa; altri, tanti altri, sono arrivati dopo che nel 2016 ha lanciato un podcast a questa collegata. La community è ulteriormente cresciuta seguendolo su Instagram, dove continua a raccontare la politica americana, tra post, Instagram stories e dirette, tutte accomunate dal suo particolare stile comunicativo, a metà tra un caro amico che ti spiega le cose con pazienza, e il giornalista preciso e informato.
In Morning Francesco Costa mantiene questo suo modo di comunicare con gli ascoltatori, alternando una rassegna stampa asciutta e dritta al punto a commenti personali sulle notizie raccontate. Nel podcast si fanno spesso riferimenti a quanto detto nelle puntate precedenti, o a questioni già approfondite su Instagram, mantenendo così un rapporto con gli ascoltatori che va al di là dei circa venti minuti giornalieri del podcast ma che continua con gli articoli scritti, i post pubblicati e le stories. Morning non è solo un modo piacevole e personale di essere aggiornati su quello che succede in Italia e nel mondo, ma è soprattutto un mezzo per imparare a capire come si leggono i giornali, cosa c’è dietro la carta stampata e cosa si nasconde dietro al mestiere del giornalista.
A oggi, siamo alla puntata numero settantotto e pochi giorni fa Costa ha annunciato che fino alla puntata numero cento il podcast rimarrà disponibile per tutti e su tutte le piattaforme. Dopodiché, sarà disponibile solamente agli abbonati de Il Post. Insomma, per chi non lo avesse ancora ascoltato e non è un abbonato del giornale, c’è ancora un po’ di tempo per iniziare ad ascoltarlo.
🎧 Episodio consigliato: essendo un daily, vi consiglio di iniziare dalla puntata di oggi. Una delle mie preferite, però, resta quella del 25 maggio, il giorno dopo l’incidente della funivia del Mottarone, che ci mette sotto gli occhi la scempiaggine della «lingua infantile dei giornali», che trova forse la sua espressione peggiore quando si tratta di raccontare eventi tragici.
🧁 Bonus: Il Post si sta dando molto da fare con i podcast, e da molto tempo. Da quando hanno lanciato Morning, tutti gli altri contenuti audio del giornale sono disponibili a tutti e non solamente agli abbonati. Li trovate nell’app dedicata.
The Dropout, ABC News 🇺🇸
Ah, le start-up. Quel magico mondo in cui zucche di fuffa candita si trasformano in meravigliosi unicorni multimilionari, per poi collassare improvvisamente in vortici di delirio e paranoia. Bazzico questo mondo da un po’ e trovo sempre incredibile come gli investitori si facciano abbindolare e buttino i loro soldi in pozzi di nulla assoluto, alla ricerca del prodotto che cambierà il mondo (qualcuno si ricorda Juicero?). Ecco, questo è all’incirca quello che è successo con Theranos, la start-up fondata da Elizabeth Holmes, di cui potreste aver letto per il processo che si sta tenendo in questi giorni.
In The Dropout viene ripercorsa la storia di Elizabeth, una brillante studentessa statunitense che a diciannove anni decide di lasciare gli studi e, basandosi su di un’idea senza alcun fondamento scientifico, rivoluzionare per sempre la storia della medicina attraverso la sua azienda, Theranos. Come? Producendo marchingegni in grado di fare centinaia di test diagnostici a partire da una sola goccia di sangue, eliminando per sempre i temuti (e spesso costosi) prelievi a cui tutti ci dobbiamo sottoporre. O almeno, questo è quello che riesce a far credere a tutto il mondo. Voce impostatissima e dolcevita nero à la Steve Jobs, Elizabeth ha quello strano carisma del visionario illuminato e riesce a sfruttarlo per tenere in piedi quella che, di fatto, è una colossale truffa per quindici lunghissimi anni. Fino al crollo, repentino e costellato di assurdità varie.
The Dropout è un resoconto giornalistico dell’ascesa e caduta di Elizabeth Holmes, arricchito dalle voci di molti ex-impiegati di Theranos. Il racconto è asciutto e si concentra sui succosissimi fatti, senza lasciarsi tentare dallo spettacolare contorno di nonsense e sociopatia latente che circondano l’intera vicenda. A noi spettatori dell’orrido un po’ dispiace non sentir raccontare la storia di Balto, l’husky che Elizabeth ha fatto passare per lupo senza alcuna ragione apparente. O non sapere delle riunioni in cui agli impiegati veniva fatto urlare “Fuck You” a squarciagola contro i cattivi giornalisti che facevano domande. Ma per questo ci sono io e una sfilza di articoli su Vanity Fair. Rebecca Jarvis invece, che lavora per la serissima ABC News e che è la voce di The Dropout, è brava a condensare i già abbastanza assurdi accadimenti, cercando di dar loro un filo logico e preparandovi a seguire con gran gusto il processo per “la più grande truffa della Silicon Valley”
🎧 Episodio consigliato: il primo, lì dove inizia la leggenda di Elizabeth Holmes
🧁 Bonus: Rebecca Jarvis è stata una finalista di The Apprentice (!!!), rischiando di vincere l’onore di poter lavorare per quell’altro mago della fuffa che è Donald Trump. Non so bene che farmene di questa informazione, ma mi sembra tutto bellissimo.
Gravity, Chora Media / Sandro Veronesi 🇮🇹
Ho provato a scrivere l’incipit di questa modesta recensione una dozzina abbondante di volte. Ho cambiato approccio, alterato l’angolazione dei miei tentativi, spostato di qualche centimetro virgole e sostantivi. Ho giocato con le parole una partita interna e silenziosa del tutto simile a quella che un tennista svolge contro se stesso nel momento in cui impugna una racchetta e prova a buttare quella maledetta pallina al di là della rete ancora una volta. Non è un caso, credo io, che il tennis abbia una magnetica attrazione su chi lo scrittore lo fa di lavoro: David Foster Wallace certo, ma anche Gianni Clerici, Edoardo Nesi e Sandro Veronesi, che di Gravity è la voce e l’anima.
In Gravity Veronesi ripercorre in quattro puntate la partita più lunga della storia del tennis: una tre giorni dal sapore epico in cui l’attenzione di tutto il mondo si è lentamente spostata verso il campo 18 dell’All England Lawn Tennis and Croquet Club, più volgarmente conosciuto come Wimbledon, in cui due carneadi del tennis mondiale si sono presi a pallate per undici ore e cinque minuti. Intorno a questo irripetibile centro di gravità temporaneo si svolgono vicende, grandi e piccole, che sembrano impallidire e perdere di importanza rispetto al concentrato di umanità in scena nel rettangolo di gioco. Capi di stato vengono eletti, generali pluridecorati rischiano il loro posto di lavoro, tecnici di tabelloni si trovano a dover filosofeggiare sul tennis. Veronesi trascina tutto questo dentro il micromondo di una partita leggendaria, riuscendo a costruire una splendida cornice in cui ammirarne l’assurdità.
Gravity è il raro e riuscitissimo esempio di un complicato intreccio letterario applicato al formato audio. Si viene sballottati qua e là intorno al globo, tra interviste e accadimenti che niente hanno a che vedere con il tennis, ma Veronesi e la squadra di Chora sono bravissimi a non perdere mai la bussola, riuscendo a raccontare in parallelo una miriade di storie diverse. In questo labirintico e compattissimo lavoro, la voce profonda e calma di Veronesi funziona da splendido collante, animando uno dei pochi podcast a tema sportivo che mi sentirei di raccomandare davvero a chiunque.
🎧 Episodio consigliato: vorrei dirvi di ascoltare subito la splendida chiusa del quarto e ultimo episodio, ma vi tocca proprio partire dal primo per arrivarci.
🧁 Bonus: se proprio ci tenete, qui ci sono tutte le undici ore della partita
Bene, anche per oggi è tutto. Ora, srotolate i fili delle cuffiette e iniziate ad ascoltare! Seguiteci su Instagram e ricordatevi che potete trovare una puntata di ognuno dei podcast recensiti nelle nostre playlist Spotify, saggiamente suddivise tra italiano e inglese. E se vi va, condividete questa newsletter con qualcuno che pensate possa apprezzarla. Dai, che siamo quasi mille iscritti!
Un abbraccio,
Chiara & Giacomo