Ciao Orecchiabilinə,
è passato fin troppo tempo da quando vi abbiamo consigliato dei podcast crime e ci sembrava giusto porre fine alla vostra, immaginiamo dolorosissima, astinenza da omicidi e processi giudiziari. Per venire incontro alle vostre esigenze, Giacomo ha vinto il suo insensato rigetto per i radiodrammi, sperticandosi nelle lodi verso la Milano di La Disciplina di Penelope. Chiara invece si è lanciata con un certo raccapriccio nell’ennesimo delirante caso di malagiustizia americana con Suspect, uno dei podcast più apprezzati dell’anno passato.
Pronti, partenza, play!
La Disciplina di Penelope, Chora Media / RaiPlay Sound 🇮🇹
Non so voi, ma ogni volta che io leggo la parola «radiodramma» mi immagino degli attempati attori in bianco e nero recitare tutti impostati, mentre dietro di loro baffuti personaggi in giacca e cravatta si adoperano nel creare effetti sonori con improbabili strumenti. Niente di piacevole insomma. A questo mio assurdo pregiudizio verso una innocua parola, si aggiunge quel vago senso di tedio che mi assale ogni qualvolta ascolto qualcuno recitare in radio un testo pensato per essere letto su carta, contravvenendo implicitamente a ogni più elementare regola del linguaggio radiofonico, per l’orrore postumo del povero Carlo Emilio Gadda. Se volete fare una prova potete tentare di leggere ad alta voce questa mia prolissa introduzione piena di aggettivi e subordinate e vedere le facce di chi vi sta intorno trasformarsi in grossi punti interrogativi. Questo papocchio di parole per dire che, nonostante tutta la promozione, ci ho messo un po’ a trovare il coraggio di affrontare La Disciplina di Penelope, un «radiodramma tratto da un libro», temendo potesse essere la mia personale kryptonite. Ovviamente mi sbagliavo e sono qui a fare ammenda.
Partiamo dalle basi. La Disciplina di Penelope nasce come un romanzo di Gianrico Carofiglio, uno dei più acclamati giallisti italiani, ed è stato traslato in podcast grazie alla collaborazione tra la prolifica Chora e mamma Rai. In La Disciplina di Penelope veniamo introdotti a Penelope Spada, un ex pubblico ministero che ha abbandonato il lavoro in seguito a un non meglio precisato incidente, riciclandosi, come vuole il più amabile dei cliché, in investigatrice privata: un’antieroina afflitta da problemi con l’alcool, mancanza di empatia e un generale senso di fastidio verso il genere umano. Insomma, mancano solo l’impermeabile e un fedora di colore scuro. Come da canone, troviamo la “Dottoressa Spada” a sbarcare il lunario facendo foto a mariti infedeli, finché una conoscenza del suo passato non la trascina controvoglia in una vera indagine, riattivandone i sopiti istinti di pubblico ministero.
Per tradurre le avventure di Penelope in podcast, quei furboni di Chora hanno reclutato Jonathan Zenti, una delle migliori penne audio partorite dal nostro paese. Zenti ha lavorato alla sceneggiatura del podcast e ha fatto quello che in gergo tecnico definirei “proprio un lavorone”, riuscendo ad adattare il testo in modo da renderlo fruibile in formato audio per la gioia di Gadda e delle nostre orecchie. Grazie alla sua scrittura, l’ascolto di La Disciplina di Penelope scorre fluido, senza mai richiedere quel surplus di attenzione che spesso costringe chi ascolta podcast fiction a mettere in pausa e tornare indietro di qualche minuto per capire cosa sta succedendo. Ammirabile è anche il lavoro fatto da Zenti sull’arco narrativo: tagliuzzando la trama del romanzo, l’autore veronese è infatti riuscito a trasformare il classico libro da leggere tutto d’un fiato in sei episodi ben distinti grazie a climax e cliffhanger interni.
A completare l’esperienza di ascolto di La Disciplina di Penelope ci pensa il formidabile sound design del duo Micheli-Bertolotti, che ci porta dritti nelle strade della Milano di Penelope Spada, grazie al sapiente uso della tecnologia binaurale. Senza stare a perdersi in spiegazioni tecniche, questo vuol dire che sentirete la vita di Milano muoversi “intorno” alle vostre orecchie con una fedeltà tale da finire per essere quasi straniante (durante l’ascolto mi sono girato più volte a cercare macchine inesistenti alle mie spalle). Menzione d’onore anche per la colonna sonora originale e per come sono rese le telefonate tra Penelope e i suoi collaboratori, con le voci delle loro conversazioni a rimbalzare tra alta e bassa fedeltà in un’altra piccola chicca di realismo audio.
Tutto questo insieme di sperticate lodi si combina in un ascolto leggero e piacevole, adatto a pigre passeggiate sotto il sole primaverile o alle prime timide giornate di mare, che mi ha fatto definitivamente gettare alle ortiche i miei pregiudizi verso le fiction audio. Sebbene i personaggi disegnati da Carofiglio risultino a tratti un po’ monodimensionali e la storia sembri mancare di mordente qua e là, ho divorato il podcast in un paio di giorni e vorrei poter ascoltare subito un’altra dozzina di episodi. Grazie alla sua splendida produzione, La Disciplina di Penelope sembra poter aprire una strada moderna verso la realizzazione di «radiodrammi» all’italiana, magari con storie e personaggi più complessi rispetto a quelli di un giallo un po’ sui generis. Nel frattempo ci godiamo con grande gioia l’ascolto delle avventure di Penelope e del suo amorevolmente sgangherato cast di aiutanti.
🎧 Consigli di ascolto: trovate La Disciplina di Penelope solo su RaiPlay Sound, la incredibilmente funzionale app della Rai (per davvero eh) per i suoi contenuti audio. Nel caso non vogliate scaricarla, potete comunque ascoltarlo comodamente da browser.
🧁 Bonus: trovo parecchio interessante che il podcast sia uscito in concomitanza del secondo libro scritto da Carofiglio sul personaggio di Penelope Spada, in quello che immagino essere un tentativo di cross-promotion ibrida, se non proprio di branding, che non mi pare di aver ancora visto nel mercato anglofono e che sembra fare da apripista a una probabile rendizione televisiva della serie.
Suspect, Wondery & Campside Media 🇺🇸
Se dovessi essere costretta a trascorrere dieci anni in carcere perché un poliziotto di Seattle è fermamente convinto che io sia un’omicida, penso che a un certo punto finirei quasi per crederci anche io. È con questa fermezza di pensiero che vivo la mia vita ed è così che mi sono approcciata all’ascolto di Suspect e di qualsiasi podcast true abbia mai ascoltato: non c’è mai nulla di certo e inequivocabile se di mezzo ci sono gli esseri umani.
La storia raccontata da Suspect ha inizio nel 2008, quando una giovane ragazza di origini indiane viene trovata morta alla fine di una festa di Halloween organizzata nel complesso residenziale in cui viveva. Arpana Jinaga, questo il suo nome, era una brillante programmatrice, benvoluta da tutti i suoi amici e con la passione per le motociclette. Viveva da poco negli Stati Uniti, dove si era trasferita dall’India per lavorare nel campo dell’informatica, seguendo le orme di suo padre.
La prima parte del podcast racconta il raffazzonato iter investigativo con cui la polizia di Seattle cerca di risalire al colpevole di quello che, fin dalle prime battute delle indagini, viene etichettato come un chiaro omicidio. I giorni successivi al ritrovamento del corpo trascorrono con i poliziotti che cercano faticosamente di farsi strada tra i ricordi offuscati dall’alcool dei tantissimi partecipanti alla festa. Nessuno sembra ricordare particolari allarmanti o dettagli fuori posto. La festa era trascorsa nella più alcoolica normalità: amici di amici che fanno amicizia, qualcuno che flirta, qualcuno che si arrabbia per futili motivi, e tutti a bere tanto fino a rendere le immagini di fine serata decisamente poco nitide. Tra gli intervistati dalla polizia c’è chi non ricorda nulla, chi finge di non ricordare e chi nasconde qualcosa, ma nessuno sembra essere chiaramente colpevole.
Così, tra evidenti errori, negligenze e distrazioni, i sospetti della polizia finiscono per focalizzarsi sull’unica persona di colore presente alla festa, Emanuel Fair, che non conosceva praticamente nessuno degli invitati ed era capitato alla festa un po’ per caso. Gli inquirenti presentano Emanuel come una sorta di imbucato, che è stato visto parlare con Arpana e le cui tracce di DNA sono state poi rinvenute, insieme a quelle di altri, sulla scena del crimine. Come se non bastasse, Emanuel ha anche dei precedenti penali.
Nella seconda parte del podcast ci viene raccontato quello che è accaduto a Emanuel Fair una volta che gli investigatori lo hanno indicato come l’unico sospettato per l’omicidio di Arpana: un assurdo e incocepibile processo burocratico e giuridico che, come una cartina tornasole, rende visibili tutte le contraddizioni e i limiti del sistema giudiziario statunitense e della scienza applicata all’investigazione forensica. Infatti, gran parte delle prove utilizzate per confermare la colpevolezza di Emanuel sono legate all’analisi del DNA ritrovato sulla scena del crimine. L’host del podcast, Matthew Shaer, è un giornalista esperto in casi di crimine e, mettendo insieme le interviste di esperti e, soprattutto, degli avvocati che hanno lavorato a provare l’innocenza di Emanuel, ci introduce nel campo minato di come dati e prove scientifiche diventino estremamente malleabili a seconda di chi li presenta e li utilizza. Particolare attenzione viene posta nel raccontate l'attendibilità delle analisi sul DNA come prova investigativa. Sebbene la capacità di analizzare il DNA a scopi investigativi sia sempre più precisa e all’avanguardia, questo non significa automaticamente che i risultati aiutino a scoprire un eventuale colpevole. Tracce di DNA indicano la presenza di una persona sulla scena del crimine, ma non perché si trovava lì.
Stupore, incredulità e spiazzamento sono sensazioni che provo spesso ascoltando storie true crime di questo tipo. Le orecchie sono vigili, e attendono anche un po’ morbosamente, colpi di scena, svolte inaspettate e stravolgimenti finali, in quella che ormai sembra essere diventata la struttura standard con cui raccontare un fatto di cronaca nera. Il rischio di assuefarsi, quindi, di fronte a certi espedienti narrativi è molto alto come è alto, da parte di chi produce il contenuto, il rischio di “pompare” eccessivamente la storia per renderla più avvincente. Non è affatto il caso di Suspect che, nonostante impronti il racconto su questa struttura, lo fa senza mai calcare troppo la mano o cadere in facili giudizi. Il risultato è una storia raccontata in tutte le sue contraddizioni attraverso le voci dei diretti interessati, con gli autori ad osservare rassegnati un caso che forse non troverà mai una piena soluzione. Così facendo, l’attenzione si sposta su quello che gli inquirenti hanno fatto, per trovare un colpevole a tutti i costi, a discapito della vita di un essere umano, aprendo uno squarcio su quello che resta nelle vite di chi è stato toccato da questa storia.
Suspect è un preciso e minuzioso lavoro di ricostruzione di un caso giudiziario che, per sfortuna di chi è coinvolto, è da manuale per quanto riguarda negligenze, imprecisioni e pregiudizi di chi è chiamato a valutare, dal poliziotto fino alla giuria, passando per il giudice stesso. Chiunque è coinvolto è di per sé fallibile di errore, in quanto essere umano.
🎧 (S)consigli di ascolto: non ascoltatelo in auto, per due motivi. Il primo è che ci si distrae facile, soprattutto quando arrivano colpi di scena. Il secondo è perché ci sono molti estratti di interviste che non hanno una qualità audio eccellente e tra intervistati con le mascherine, o quelli dagli accenti più marcati, è difficile comprendere tutto nel dettaglio, cosa che invece non accade con l’ascolto in cuffia.
🧁 Bonus: buttate un orecchio sui podcast di Campside Media, sono tutti di ottima qualità
⏭ Orecchie a 2x:
Nel mondo dei podcast accadono cose un po’ in continuazione e non sempre riusciamo, per motivi di spazio, tempo o (addirittura) linea editoriale, a segnalarvi tutto quello che vorremmo. Quindi eccovi un po’ di notizie fresche fresche in poche comode parole:
In occasione del 25 Aprile sono uscite un sacco di cosine interessanti. Tra le nostre preferite ci sono i due episodi sulle staffette partigiane di Mis(S)conosciute, un podcast che si pone il mirabile obiettivo di riscoprire scrittrici italiane cadute in un immeritato oblio.
Volete ospitare un live di C’è Vita nel Grande Nulla Agricolo? Da oggi potete (quanto meno provarci).
Pochi giorni prima di Pasqua abbiamo ricevuto un pacco: dentro c’erano tanti Baci Perugina quanti la famiglia di Chiara è stata felice di papparsi. Il motivo? proprio in quei giorni è uscito un nuovo podcast che in quattro puntate ci racconta la storia del brand e ci delizia con piccole storie e riflessioni intorno ai baci. Da gustare a piccole dosi, come cioccolatini da scartare.
Bene, anche per oggi è tutto. Ora, srotolate i fili delle cuffiette e iniziate ad ascoltare! Sentiamoci su Instagram, o dove volete, e se vi va, condividete questa newsletter con qualcuno che pensate possa apprezzarla.
Chiara & Giacomo