Ciao Orecchiabilinə,
vi scriviamo mentre Chiara è in partenza per godersi tutto Chora Volume 1 (Kaitlin Prest in Italia? Kaitlin Prest in Italia!) e Giacomo tenta di non sfracellarsi sulle piste da sci nei giorni del suo compleanno, quindi tagliamo questa introduzione con l’accetta.
Oggi Chiara vi porta in quell’impensabile mondo in cui una band di ragazzine di Piombino può venire a suonare nel Vietnam devastato dall’invasione americana con Arrivederci Saigon, mentre Giacomo vi fa vivere il sogno di un truffatore cecoslovacco che ce l’ha (più o meno) fatta con The Pirate of Prague.
Pronti, partenza, play!
Arrivederci Saigon, Tre Soldi, Radio Tre 🇮🇹
Nel 1968 cinque ragazze (quasi tutte minorenni) firmano un contratto per portare la loro band, Le Stars, in tournée nel Medio Oriente. Per una serie di incomprensioni, finiscono invece ad esibirsi in Vietnam per le truppe statunitensi dislocate nell'allora Saigon - oggi conosciuta come Ho Chi Minh City. Quella che doveva essere un’esperienza di pochi giorni si trasforma così in un viaggio lungo tre mesi nel nord del Vietnam, durante una delle più allucinanti guerre dello scorso secolo.
Le Stars si erano formate a Piombino soltanto pochi anni prima e, anche grazie a un contratto discografico con la divisione italiana della RCA (Lucio Dalla, Gianni Morandi e Venditti), si esibivano nei locali del centro-nord aprendo gli spettacoli dei Pooh. Le nostre cinque eroinee alternavano la militanza nella sinistra di quegli anni alle esibizioni musicali, con un repertorio che spaziava da cover di canzoni popolari al soul di Aretha Franklin, Otis Redding e compagnia, è proprio il caso di dirlo, cantante.
In Arrivederci Saigon, l’adattamento in formato audio di un documentario che Wilma Labate ha girato sulle vicende de Le Stars, l’autrice si concentra principalmente sul racconto in prima persona di queste dimenticate protagoniste del canto italiano. Sono le loro voci a narrarci questa stramba vicenda, in un continuo oscillare tra la Storia di quegli anni e il racconto più personale e quasi onirico di un gruppo di amiche sedicenni che si trovano catapultate dall’altra parte del mondo. Tra innamoramenti con i soldati, echi delle mitragliette, pagine di diari e mancanza di casa, cinquant’anni dopo le componenti de Le Stars ripercorrono cosa hanno vissuto in Vietnam e come, una volte tornate nella Toscana di quegli anni, si siano trovate costrette a cancellare questa assurda esperienza: d’altronde per chi ha suonato per gli Yankees, non c’è nessuna pietà.
Se nel documentario in formato video si da ampio spazio alle vicende politiche di quegli anni e all’ambiente musicale dell’epoca, la versione audio si prodiga per mantenere al centro del racconto le voci di queste signore e le loro memorie di una vicenda che, ancora oggi, si fatica a pensare possa essere accaduta per davvero. Il risultato è un racconto intimo e carico delle contraddizioni che la vita di una sedicenne si porta appresso, in Vietnam come a Piombino. Perfetto per le orecchie.
-Chiara
🧁 Bonus: sia la versione audio che video sono usciti nel 2018 (e ancora mi chiedo come io abbia fatto a perdermi in toto questa storia finora), poi nel 2022, una delle componenti della band, Daniela Santerini, ne ha anche scritto un libro: Choi-oi (che significa Dio Mio! in vietnamita). È già nel mio carrello.
Intermezzo - Premio Lucia
Se ci leggete, c’è una buona possibilità che siate persone interessate a usare il mezzo audio per raccontare delle storie. Ecco, se cosi è dovreste dare un’occhiata al Premio Lucia, uno dei pochi bandi in Italia ad offrire un premio di produzione per la realizzazione di nuovi lavori per le orecchie, consistente in dei bei soldoni e una grande grossa spinta nel far girare il proprio lavoro dentro e fuori dai confini nazionali (ma per davvero). Quest’anno poi c’è una nuova sezione del Lucia dedicata ai lavori già prodotti nel biennio 2022-2023. Insomma, ce n’è per tutti. Il tutto è organizzato da Radio Papesse che, oltre ad avere avuto l’ottimo gusto di averci scelto nella giuria di quest’anno, fanno parte di un ristretto manipolo di coraggiosi amanti dell’arte radiofonica che da anni si sbatte per il bene dell’arte sonora.
The Pirate of Prague, Blanchard House/Apple TV+ 🇺🇸
Quando io e Chiara ci siamo avventurati per la prima volta nel mondo dell’audio quasi tutti i lavori che ci passavano per le orecchie sembravano introdurci con entusiasmo a modi nuovi di usare la voce per raccontare storie, in un tripudio di autoriale originalità. Poi è arrivata l’esplosione degli investimenti milionari e le decine di mini-serie che, nonostante storie interessanti e l’uso di gran perizia tecnica, si presentano spesso con la stessa accattivante personalità di quell’amicə di amicə che, l’avrai pure incrociatə mille volte, ma proprio non riesci a ricordarti come si chiama.
Ho iniziato ad ascoltare The Pirate of Prague ammantato di questo fastidio da boomer dell’auricolare. D’altronde era un lavoro che aveva tutto il necessario per farmi innervosire: una storia vecchia di un paio di decenni incentrata su di un truffatore di cui non si sa più nulla, host e autori che arrivano da carta stampata e giornali radio (o giù di lì), incipit da tristo giornalismo d’assalto. E invece, otto puntate dopo, sono qui a scriverne con un certo gusto. E forse, dopo tutto questo scrivere, è anche giunta l’ora che vi dica di cosa si parla. Ma prima, un intermezzo grafico di grande qualità.
L’eroe che vedete ritratto alla vostra destra nell’atto di soppesare un paio di testicoli invisibili è Viktor Kožený. Con questo splendore di manifesto affisso in giro per Praga il nostro cercava di promuovere la sua, fallimentare, candidatura alle elezioni Europee di qualche lustro fa, in uno degli ultimi atti pubblici di una vita sapientemente dedicata alla truffa e al raggiro. Con, c’è da dirlo, un certo successo. Perché il buon Viktor è riuscito a mettersi in saccoccia centinaia di milioni, rubacchiando qua e là senza (quasi) mai farsi incastrare. Piombato negli Stati Uniti dalla morente Cecoslovacchia senza il becco di un quattrino, nel giro di pochi anni questo pittoresco personaggio è riuscito a tornare a Praga con un (forse) diploma di Harvard e un giro di amicizie influenti, conquistati a base di bugie e racconti al limite del fantascientifico. Qualche anno dopo, alla soglia dei trent’anni, Viktor si sarebbe infiltrato in una banca d’affari londinese con credenziali completamente inventate, sarebbe arrivato a possedere (per davvero) il 30% di TUTTO il mercato azionario della Repubblica Ceca e avrebbe infine deciso di chiudere in bellezza la sua carriera turlupinando i più avveduti investitori di Wall Street con la promessa di barili su barili di petrolio azero, per poi ritirarsi in quel paradiso senza estradizione delle Bahamas. Il tutto in un turbinio ignorante di pacchiani oggetti dorati, divani in pelle di alligatore e innumerevoli “mi dia il vino più costoso che ha”. Come non volergli bene?
Le vicende di questo personaggio da film dei Vanzina sono raccontate con un certo qual gusto da Joe Nocera, che, ben lungi dal ruolo di narratore imparziale in cui mi aspettavo di trovare un ex editorialista del New York Times, sembra divertirsi un mondo a prendere in giro Viktor e tutto il mondo di assortiti ricconi che da lui si è fatto ammaliare. La scrittura è brillante e personale, piena di funambolici giochi di parole, strizzatine d’orecchio e citazioni sotto traccia. A renderle giustizia un grande lavoro di montaggio, con le voci di host e intervistati spesso impegnate in fittizi botta e risposta, in una versione amabilmente cazzona dello stile reso popolare da Radiolab. Certo, a tratti Nocera e soci sembrano perdere un po’ la misura e, dopo sei ore di ascolto, la figura di Viktor rimane per me un evanescente accumulo di assurdi aneddoti e oggetti sbrilluccicanti. Ma forse, visto il personaggio, è giusto che questo sia il modo in cui viene ricordato.
The Pirate of Prague non riscriverà le regole della narrazione sonora e non cambierà la vostra visione del mondo. Però posso assicurarvi che lo scanzonato racconto di questo oligarca truffatore vi regalerà momenti di grande divertimento. Cos’altro possiamo volere dal povero (per modo di dire) Viktor?
-Giacomo
🥸 Momento serietà: se volete una lettura seria del podcast, Viktor è di fatto un precursore del modo in cui i vari oligarchi russi sono diventati tali al crollo dell’U.R.S.S.
🧁 Bonus: le foto della, fin sobria, villa da 50 milioni che Viktor si era comprato ad Aspen.
👅Difficoltà linguistica: ★★★☆☆ 3 su 5: se amate gli accenti nasali della costa Est siete a cavallo. Altrimenti potreste dovervi impegnare un pochino.
⏭ Orecchie a 2x:
Nel mondo dei podcast accadono cose un po’ in continuazione e non sempre riusciamo, per motivi di spazio, tempo o (addirittura) linea editoriale, a segnalarvi tutto quello che vorremmo. Quindi eccovi un po’ di notizie fresche fresche in poche comode parole:
Se non avete letto il papello sul Premio Lucia, ora tornate a metà di questa mail e vi ci mettete di buzzo buono.
Hanno aperto le registrazioni per l’EBU Audio Storytelling Festival, uno dei più importanti momenti di ascolto e incontro tra le persone a cui piace fare (e ascoltare) audio. Quest’anno lo fanno a Roma, i posti sono pochi e penso che dovreste venire anche voi.
Per scellerata decisione di Sony ha chiuso, tra le mille cose che amiamo distrutte da questo fastidioso e marcescente capitalismo, Broccoli Productions, una cosa bella in cui lavorava gente ancora più bella. E anche la casa di produzione con il nome più bello. Due righe per dir loro che gli abbiamo voluto bene e per dire a voi che qui hanno raccolto un bel po’ di materiali gratuiti (fino ad oggi dietro paywall) per imparare a far l’audio da chi è molto bravissimo. Un’inutile e grosso abbraccio verde.
Bene, anche per oggi è tutto. Ora, srotolate i fili delle cuffiette e iniziate ad ascoltare! Sentiamoci su Instagram e se vi va, condividete questa newsletter con qualcuno che pensate possa apprezzarla.
Chiara & Giacomo
Ci vediamo a Roma! :-)