Ciao Orecchiabilinə,
ci sono dei giorni in cui abbiamo grandi ispirazioni e scriviamo delle introduzioni bellissime, piene di significato e infarcite dal giusto numero di svolazzanti aggettivi. Oggi non è uno di quei giorni per cui tagliamo corto su qualsiasi sproloquio e andiamo dritti ai nostri consigli di ascolto. Il menù odierno prevede la discesa con Chiara in un intricatissimo dedalo tra realtà e finzione con Morte di un giallista bolzanino, il primo (crediamo) “mockast” italiano. A seguire, Giacomo vi riporta indietro nel tempo con 9/12, un podcast che riflette in maniera originale e interessante su quello che è successo nei giorni/mesi/anni dopo l’attacco alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, senza perdersi in trite rievocazioni. In chiusura un consiglio dal passato e la segnalazione di altre belle cose da leggere.
Pronti, partenza, play!
Morte di un giallista bolzanino, Andreetto e Pispisa, Rai Alto Adige, Riff Records e Studio Banshee 🇮🇹
Morte di un giallista bolzanino è un radiodramma incentrato sul mistero che circonda la morte di Marco Felder, un perito altoatesino che nel 2019 era riuscito a pubblicare un romanzo giallo, Tutta quella brava gente, per Rizzoli. Il corpo di Felder viene trovato da due escursionisti in un bosco sopra bolzano, incastrato dentro una buca di ghiaccio. Visti i problemi di salute mentale del perito-giallista, la vicenda viene inizialmente archiviata come il suicidio di un uomo solo, che non ha retto alle conseguenze del lockdown da Covid. Colpito dalla sua storia, J., voce narrante del podcast e giornalista che ha fatto la sua gavetta proprio a Bolzano, decide di approfondire la vicenda, ma più si addentra nei suoi meandri, più si rende conto che qualcosa non quadra.
Le indagini di J. proseguono attraverso interviste, testimonianze, spezzoni di cronaca locale, ricostruendo la vita e i, pochi, rapporti di Felder con il resto del mondo e scoprendo dettagli sconcertanti che lo inducono a interrogarsi sulla verità del presunto suicidio. Gli indizi sembrano puntare verso una pista ben precisa, seguita in precedenza senza successo anche da uno degli agenti che ha investigato sulla morte di Felder prima di archiviare il caso. Visto il carattere burbero e solitario di Felder, infatti, Rizzoli aveva deciso di pubblicare il suo romanzo sotto pseudonimo, usando i volti e le biografie di altri due autori per promuovere Tutta quella brava gente. Se per la giustizia ufficiale, però, non ci sono prove a sufficienza per collegare il suicidio a questa vicenda, J. ci vede qualcosa di più oscuro.
Non continuo oltre con la storia per non anticipare troppo dell’indagine svolta da J. nei quattro episodi da circa venticinque minuti del podcast, ma c’è ancora un piccolo grosso spoiler che devo farvi: gli autori ingaggiati da Rizzoli per sostituire Felder sulla copertina del suo libro sono l’avvocato e scrittore siciliano Giuliano Pispisa e l’autore veneto-bolognese Jadel Andreetto. Se ora riguardate il titolo di questa recensione, noterete che sono gli stessi nomi che leggete tra gli autori del podcast. Questo perché Morte di un giallista bolzanino è un podcast fiction e, nel mondo reale, Pispisa e Andreetto sono i veri autori di Tutta quella brava gente ed è invece Felder ad essere lo pseudonimo dietro cui si sono nascosti per la sua pubblicazione. Pseudonimo di cui hanno evidentemente deciso di liberarsi attraverso l’apparente suicidio che accade nel complicato gioco di specchi che risulta essere questo lavoro.
Morte di un giallista bolzanino non è quindi un semplice radiodramma, ma una sorta di “mockcast”, un neologismo coniato dagli autori per descrivere un lavoro audio di pura finzione che ricalca i modelli stilistici e narrativi propri dei podcast investigativi. Il suo ascolto si trasforma così in una deliziosa torta millefoglie, il cui delicato profilo di gusto sta nell’inseparabile fusione tra gli strati narrativi tenuti insieme da una scrittura impeccabile sempre perfettamente in bilico tra verosimile e fittizio, come una crema pasticcera dal gusto bilanciato tra limone e uova. Morte di un giallista bolzanino è allo stesso tempo un radiodramma, un mockcast e parte di un universo narrativo più ampio che tiene insieme mondi e mezzi comunicativi differenti. Insomma, Tutta quella brava gente è un romanzo a tutti gli effetti, pubblicato da Rizzoli nel 2019, sarà presto sul mio comodino in attesa di essere letto, e il mockcast fa da ponte tra questo e l’uscita del secondo libro della serie, La parola amore uccide, pubblicato recentemente, questa volta con i veri nomi dei due autori. Come se non bastasse, il radiodramma contiene anche riferimenti nascosti che si potranno comprendere appieno solo leggendo UFO 78, nuovo romanzo di Wu Ming, che ha preso parte al progetto, e che è uscito a ottobre per Einaudi.
Morte di un giallista bolzanino è un viaggio rizomatico intorno alla riflessione dell’identità, con un continuo gioco di rimandi sul significato stesso di esistenza, che lascia l’ascoltatore sospeso nel costante dubbio su cosa sia reale e cosa sia inventato. Un prodotto audio impeccabile, frutto di un grande lavoro di scrittura e di creazione di mondi narrativi, da cui dovrebbe prendere ispirazione chi si cimenta con l’audio fiction ma, a dirla tutta, con la narrazione in generale.
🎧 Consigli di ascolto: non cercate troppe informazioni online, fidatevi della voce narrante, J. (che, tra l’altro, è quella di Jadel Andreetto) e seguite la storia. Vi ritroverete, puntata dopo puntata, a cercare nomi, festival e vicende su Google per capire cosa è reale e cosa è inventato. Fa parte dell’esperienza di ascolto!
🧁 Bonus: sul sito di Rai Alto Adige trovate i credits di ogni voce presente in ogni puntata per capire chi è reale e chi no. Di nuovo, fatelo solo alla fine.
9/12, Dan Taberski/Pineapple Street Studios 🇺🇸
Ognuno di noi ha i suoi feticci e le sue piccole manie personali. Tra quelle di questo vostro pennivendolo ci sono il fastidio per la maggior parte dei podcast che escono in occasione di qualche ricorrenza e l’amore per tutto quello su cui Dan Taberski mette le mani. Queste due tendenze si sono scontrate con l’uscita di 9/12, un podcast sull’11 settembre scritto da Taberski in occasione del ventennale di quel nefasto giorno. Ha vinto il fastidio e ho stupidamente aspettato fino a qualche settimana fa per ascoltarlo, innervosito dall’idea che uno dei miei autori preferiti si fosse fatto prendere dalla smania di ri-raccontare per l’ennesima volta un evento ormai passato. Ovviamente mi sbagliavo.
9/12 si apre con la storia di un veliero che vaga nel mezzo dell’Oceano Pacifico. A bordo ci sono una sessantina di persone, che vivono da settimane come dei marinai del 1700, tra cibo al limite del commestibile, noia incipiente e una più che discutibile igiene. È la nave di The Ship, un bislacco reality inglese che si propone di ritracciare la “scoperta” dell’Australia da parte di James Cook. Tagliati fuori dal mondo, questi navigatori televisivi riceveranno notizia di quello che è successo a New York solamente dal loro capitano, attraverso un paio di stringate frasi e nulla più. Niente video di aerei che si schiantano sulle torri gemelle. Niente immagini di persone che si lanciano disperate dalle finestre. Niente discorsi patriottici. Niente di niente. Messi in questa condizione, ragiona Taberski, i partecipanti di The Ship sono tra i pochi esseri umani a poter processare i fatti di quel giorno in piena autonomia, decidendo cosa farsene senza essere influenzati dalla fortissima carica emotiva che ci ha investito tutti in quel settembre.
È partendo da questa riflessione che Taberski costruisce il suo podcast, decidendo di non raccontare i fatti del nine eleven ma di concentrarsi sull’idea di nine eleven e su come questa abbia influenzato le vite degli americani negli ultimi vent’anni. Nei sette episodi di 9/12 seguiamo le storie di una dozzina di persone nei giorni successivi all’attacco alle Torri Gemelle e, attraverso la giustapposizione dei loro racconti, costruiamo insieme a Taberski una mappa di tutti i significati che quel nefasto giorno ha assunto e di tutte le conseguenze che si è portato dietro. Guidati da una narrazione squisita, osserviamo le sofferenze della comunità pakistana a Brooklyn, seguiamo le radicalizzazioni uguali e opposte di un fondamentalista salafita e un soldato nordamericano e riflettiamo con i giornalisti di The Onion, rivista satirica americana trasferitasi a New York il 10 settembre 2001, su come si possa ridere di eventi di questa portata. A scriverlo così sembra tutto molto serio, ma il tono è quello caldo e leggero a cui Taberski ci ha abituato negli anni (recuperate Surviving Y2K, ve ne prego), riuscendo a trattare argomenti difficili con un incredibile misto di umanità e scanzonataggine.
Non mancano momenti di grande ilarità, come quando scopriamo che, in seguito agli attacchi, Washington e la C.I.A. stipendiano per anni una task force di sceneggiatori hollywoodiani per immaginare nuovi possibili scenari a cui i terroristi potrebbero ricorrere. Tra di loro ci sono gli sceneggiatori di Die Hard e Fast & Furious, David Fincher, Spike Jonze e perfino la penna dietro Grease. A un certo punto gli viene addirittura chiesto di provare a infiltrarsi in vari monumenti degli Stati Uniti, fare finta di piazzarci una bomba dentro, per poi lasciare un post-it arancione nel luogo in cui hanno trovato della vulnerabilità. È tutto così assurdamente bello, che mi sono preso la libertà di sprecare il vostro tempo con questo paragrafo solo per dirvelo.
Tirando le somme, 9/12 è una lente attraverso cui riguardare gli ultimi vent’anni di storia statunitense, e in larga parte mondiale, chiedendoci cosa buttare e cosa salvare di questo primo (quasi) quarto di secolo. 9/12 è anche un esempio da manuale di come raccontare in maniera originale un evento che ha segnato in maniera indelebile le nostre memorie, riflettendoci sopra criticamente e lasciando da parte trite, e francamente inutili, descrizioni alla ricerca di un impatto emotivo.
🧁 Bonus: proprio bonus non è, ma se volete rivedere quanto è stato terribile quel giorno, questi quattro minuti fanno per voi.
🎙️ Playback
Esistiamo ormai da un po’ e sappiamo che non ci seguite tutti dagli inizi. Abbiamo quindi deciso di riproporre pezzetti di recensioni che abbiamo scritto tempo addietro per permettervi di recuperare tutti quei podcast stupendi che vi siete persi. Oggi è il turno di Constellation Prize, di cui è uscita giusto ieri la seconda stagione.
Constellation Prize, Bianca Giaever / Believer Magazine 🇺🇸
Constellation Prize è una collezione antologica di gemme audio realizzate da Bianca Giaver, una trentenne di Seattle con un curriculum pieno zeppo di collaborazioni con la crème de la crème della radio pubblica statunitense.
A tenere insieme il tutto ci pensano la sensibilità di Giaver e l’empatia con cui riesce a trasformare conversazioni quotidiane in intime confessioni, accompagnando con morbido affetto l’ascoltatore dentro le vite e i sentimenti altrui. L’effetto è amplificato dalla cifra stilistica di Giaever e dalla sua capacità di registrare su nastro piccoli e apparentemente banali dettagli che, magistralmente montati, diventano il gancio a cui appendere il significato di quello che stiamo ascoltando.
⏭ Orecchie a 2x:
Nel mondo dei podcast accadono cose un po’ in continuazione e non sempre riusciamo, per motivi di spazio, tempo o (addirittura) linea editoriale, a segnalarvi tutto quello che vorremmo. Quindi eccovi un po’ di notizie fresche fresche in poche comode parole:
Se questo numero non vi è bastato e avete voglia di leggere altre riflessioni su podcast e radiodramma, vi rimandiamo al nuovo splendido numero di Altre Frequenze. Dentro ci trovate un’intervista alla creatrice di uno dei migliori podcast europei per bambini e riflessioni sul ruolo della radio nell’educazione.
Bene, anche per oggi è tutto. Ora, srotolate i fili delle cuffiette e iniziate ad ascoltare! Sentiamoci su Instagram e se vi va, condividete questa newsletter con qualcuno che pensate possa apprezzarla.
Chiara & Giacomo