Ciao Orecchiabilinə,
Siamo tornati! Non ci speravate più eh? E invece eccoci qui, con due recensioni fiume come ai bei vecchi tempi che, incredibile ma vero, hanno perfino un tema in comune: l’avventura.
Potete scegliere se viaggiare con Chiara e due bislacchi avventurieri inglesi sulle montagne himalayane alla ricerca dell’abominevole uomo delle nevi in Yeti o se tentare un’impresa marittima davvero improbabile con Giacomo e Sulla Stessa Barca.
Pronti, partenza, play!
Sulla Stessa Barca, Giulia Valli - Rai Radio 3 🇮🇹
In questo settembre di cieli azzurri ho ancora voglia di mare e brezze leggere e non ho la benché minima intenzione di mettermi ad ascoltare serie infinite su omicidi, ingiustizie e compagnia cantante. Su consiglio delle amate Radio Papesse, ho passato l’ultimo paio di giorni ad assistere al viaggio di tre semi-sconosciuti a bordo del canotto di Sulla Stessa Barca, un documentario audio prodotto per l’altrettanto amato Tre Soldi ormai quasi un lustro addietro. Qui è dove di solito vi dico di cosa stiamo parlando, ma oggi mi va di fare le cose al contrario, quindi parto da una foto.
Questo è il Celeusta. Un raro esemplare di gommone a vela. O forse non è poi così raro, ma sono sicuro che la gran parte di voi non ne aveva mai visto uno prima d’ora. Ecco. Se doveste salire su questa barca e pensare di farci un giro, dove ve ne andreste? Io, personalmente, non mi allontanerei dalla costa, terrorizzato dall’essere a bordo di uno stivale di gomma senza motore.
Mario Valli, Sergio Croci e Vittorio Macioci invece hanno deciso di prendere questo splendido barchino, portarlo in Perù a bordo di un’altra nave e da lì lanciarsi nella traversata dell’Oceano Pacifico. In più, cosa volete che sia farlo stando stretti stretti per due mesi su di un copertone di pochi metri in compagnia di sconosciuti da cui non sai cosa aspettarti? Infatti prima di arrivare in Sudamerica e imbarcarsi sul Celeusta i nostri tre avventurieri si conoscevano ben poco e non erano mai saliti a bordo di una qualsivoglia imbarcazione assieme. Croci, un aspirante regista con nessuna esperienza di navigazione, aveva deciso di imbarcarsi in questa impresa, tirandosi dietro Vittorio Macioci, uno sceneggiatore momentaneamente senza lavoro, e Mario Valli, un capitano della Marina in pensione.
A raccontarci di questo avventuroso viaggio, ci pensa Giulia Valli, la nipote del Valli di cui sopra, che ha ritrovato dei nastri magnetici registrati dal suo zio navigatore durante tutta la traversata e ha deciso di regalarci questa storia in Sulla Stessa Barca. Alla voce profonda di Mario, molto serio e concentrato sulla necessità di sopravvivere in mare, si alternano stralci del diario di Vittorio Macioci, particolarmente infelice di essersi imbarcato in questa pazzia, e spezzoni del documentario girato (e mai pubblicato) da Croci, che cerca di raccontare con tono stentoreo da Istituto Luce quanto sta accadendo sul gommone.
Le voci di questo improbabile trio si susseguono quasi senza narrazione, con l’autrice ad apparire qua e là solamente quando è strettamente necessario. Il ritmo del racconto sembra quasi seguire il dolce dondolio delle onde, il cui confortante suono si può spesso udire come accompagnamento alle voci dei protagonisti, permettendo a chi ascolta di immaginarsi sul Celeusta con penna, registratore o telecamera in mano. Al suono del mare, ogni tanto si sostituisce quello di un sintetizzatore, usato con la giusta parsimonia per sottolineare i momenti di maggior tensione emotiva. A colpire chi scrive è quanto i minuti scorrano fluidi e leggeri, evitando quei momenti di confusione con cui spesso si scontra chi vuole raccontare senza l’utilizzo di un narratore.
L’incastro tra gli intimi pensieri dei tre navigatori, i piccoli rancori quotidiani che li dividono e l’immensità dell’impresa in cui si sono infilati, vi trasporterà con grazia lontano da queste faticose giornate di rientri lavorativi e scolastici, saziando la sete di avventura che le accompagna.
🎧 Consigli di ascolto: a volte trovo che il limite di 15 minuti per puntata di Tre Soldi spezzi un po’ il ritmo degli, spesso splendidi, documentari che propone. Non è questo il caso. Gustarsi Sulla Stessa Barca in piccoli bocconcini da un quarto d’ora l’uno è stato fantastico.
🧁 Bonus: Il diario di Vittorio Macioci è letto da Mauro Pescio. Si, quello di Io ero il Milanese
🧁🧁 Bonus: qui trovate un lungo articolo dell’epoca scritto da Sergio Croci
Yeti, BBC Radio 4, Andrew Benfield e Richard Horsey 🇬🇧
È dalla notte dei tempi che questa cosa che nelle innevate montagne dell’Himalaya possa aggirarsi un grosso bipede peloso manda in pappa il cervello a molte persone. Non solo a chi in quelle zone ci vive ma anche, e forse soprattutto, a noi occidentali, che al massimo sulle nostre montagne ci troviamo un orso o un lupo un po’ spelacchiato. I protagonisti di Yeti, si sono impallati così tanto con questa storia da trascorrere anni a viaggiare tra India, Myanmar, Nepal e Bhutan usando i loro risparmi per venire a capo di questo mistero. Una ricerca assurda, che, ancora più assurdamente, ha portato alla realizzazione di un podcast prodotto addirittura dalla BBC.
Esiste una prova scientifica e inconfutabile del fatto che questo benedetto uomo delle nevi sia reale? È la domanda a cui Andrew Benfield e Richard Horsey, i due host del podcast, cercano di rispondere e, spoiler che non vi aspettavate, non ci riescono. Ma non per questo Yeti è meno interessante, anzi. Le mancate risposte sono coerenti con le aspettative di chiunque abbia provato a scavare a fondo nella criptozoologia. Quello che salta subito all’orecchio, ed è il motivo per cui andrebbe ascoltato Yeti, è l’approccio con il quale gli autori hanno deciso di raccontare la storia. Tutto parte da una serie di coincidenze tanto significative quanto iconiche, che accadono a Benfield che riceve in regalo un volume sullo yeti comprato in un negozio di libri antichi vicino al British Museum. Di lì a poco, si imbatte in una vecchia intervista a David Attenborough (popolarissimo divulgatore naturalista, la cui voce è considerata iconica da più generazioni di britannici) in cui discute dell’effettiva possibilità che lo yeti, o qualcosa di simile, possa esistere, asserendo che verrà scoperto in futuro. A soffiare sul fuoco di questa pazzissima vicenda ci si mettono poi anche le autorità. Poco dopo essere arrivati in Asia, alla ricerca di prove dell’esistenza dello yeti, i due autori e amici si imbattono nella storia di un omicidio avvenuto quindici anni prima nei paesaggi innevati dell’India nord-orientale: un uomo è stato ritrovato con il collo spezzato in due da quello che la polizia locale sembra abbia identificato come uno yeti. Ricapitolando: misteri millenari, polverosi libri antichi, David Attenborough e un omicidio irrisolto. Cos’altro ci serve? Io, sono a posto così.
Allora, se questa impronta non è di uno yeti è di Bigfoot. (source: BBC)
Vero protagonista di questa serie è il sottile umorismo britannico, che fa da perno intorno a cui ruota la storia, riallineando i due estremi verso i quali tendono i due host, lo scetticismo di Horsey e l’entusiasmo di Benfield. Questi due approcci in opposizione fanno sì che la narrazione non diventi mai troppo noiosa, con continui saliscendi che portano l’ascoltatore, e i due host, ad andare avanti nella ricerca, nonostante tutti gli indizi speranzosi che sembrano poter far luce sulla vicenda si rivelino sempre buchi nell’acqua. Il podcast è ricchissimo di piccoli colpi di scena e buffi aneddoti secondari, tra storie di avvistamenti e testimonianze più o meno credibili di abitanti di sperduti villaggi raccolte durante conversazioni con pastori di yak, sherpa, monaci, alpinisti e perfino un astrologo. Il racconto di questa missione impossibile, finisce addirittura per porate i due autori in Nepal alla scoperta di una misteriosa aggressione avvenuta cinquant’anni prima, strane impronte avvistate nella neve fino in Bhuthan dove la popolarità per l’esistenza di uno yeti è così diffusa da ospitare, sul serio, un santuario ufficiale dedicato alla figura dello yeti. Ad accompagnare queste strambe avventure tra montagne ghiacciate e paesaggi innevati c’è un incredibile lavoro di sound design capace di mescolare tutte le emozioni più disparate che provano i due host nel corso della loro avventura, tra echi di misteri paurosi, flauti nei momenti più buffi e il suono del vento e dei passi nella neve fitta e densa che li avvolgono durante tutto il loro percorso. Un piacere per le orecchie.
Questo è un bellissimo dipinto presente nel santuario degli yeti, che ora voglio assolutamente visitare. (source: BBC)
🧁 Bonus: il 20 ottobre uscirà un episodio bonus su una possibile scoperta che potrebbe rivoluzionare tutto. Oppure no.
🧁🧁 Bonus: l’host Andrew Benfield non scherza affatto con questa storia di essere convinto dell’esistenza dello yeti, tanto che ha scritto sette dettagliati motivi per cui effettivamente possa esistere. David Attenborough è solo al secondo posto nella lista.
⏭ Orecchie a 2x:
Nel mondo dei podcast accadono cose un po’ in continuazione e non sempre riusciamo, per motivi di spazio, tempo o (addirittura) linea editoriale, a segnalarvi tutto quello che vorremmo. Quindi eccovi un po’ di notizie fresche fresche in poche comode parole:
Sono uscite le liste dei finalisti al Prix Europa, il più importante premio per l’audio (e non solo) del nostro continente. Tra gli italiani, ce l’hanno fatta due gran bei lavori: Ammutati (di cui vi parleremo in uno dei prossimi numeri) e Viva l’Italia, le morti di Fausto Iaio.
Se siete produttori e siete incastrati in qualche progetto di podcast per cui vi serve qualche soldino, la Broccoli Productions (un nome splendido) ha messo in palio cinque premi da un migliaio di euro ciascuno. Scadenza il 21 Settembre.
Il prossimo fine settimana a Parma si tiene una nuova edizione del PodFest, un piccolo festival indipendente. Noi purtroppo non ci saremo, ma buttateci un occhio.
Bene, anche per oggi è tutto. Ora, srotolate i fili delle cuffiette e iniziate ad ascoltare! Sentiamoci su Instagram e se vi va, condividete questa newsletter con qualcuno che pensate possa apprezzarla.
Chiara & Giacomo