Ciao Orecchiabilinə,
con la disfunzionalità che ci caratterizza, questa settimana vi proponiamo due consigli di ascolto che non hanno decisamente niente a che fare l’uno con l’altro. Mentre Giacomo vi consiglia una cupa e incredibilmente ben fatta inchiesta giornalistica che promette di farvi arrabbiare non poco, Chiara si fionda all’altro estremo dello spettro serietà-frivolezza per portarvi a fare terapie di coppia improvvisate con dei comici.
Pronti, partenza, play!
Gli Ammutati, Michela Mancini - Rai Radio 1 🇮🇹
Non so voi, ma se c’è una cosa che mi da profondamente fastidio, sono i mucchi di uscite contemporanee che riempiono le mie playlist nell’anniversario di qualunque avvenimento. Capisco che abbiamo una soglia di attenzione limitata, ma questo approccio a chi urla più forte mi sembra più adatto alle bancarelle del mercato televisivo, che non a un mezzo asincrono e on-demand come il podcast. Da ascoltatore, il risultato è una gran confusione che finisce per premiare solo chi è partito prima o chi ha dietro un nome grosso. Sempre che non si scelga di fare come il sottoscritto, rifiutando la cacofonia di voci in cui è affogato l’argomento del giorno e rifugiandosi felici in podcast comici sull'industria casearia.
Tutto questo per dire che sono profondamente arrabbiato. Sono arrabbiato con me stesso per aver ascoltato un gran lavoro come Gli Ammutati solo adesso, sei mesi dopo essermi perso la sua uscita tra il profluvio di podcast su Mafia e dintorni saltati fuori in occasione dell’anniversario della strage di Capaci. Sono arrabbiato con il ventre molle dello Stato italiano perché ha permesso, se non addirittura orchestrato, gran parte delle orribili vicende di cui si parla in questo podcast. Ma sto andando troppo in fretta. Faccio un passo indietro e provo a spiegarvi di cosa si tratta, ‘ché in fondo siete qui per questo.
Gli Ammutati ricostruisce una serie di strani omicidi e suicidi a sfondo mafioso che avvengono a cavallo tra la prima e la seconda repubblica e che, a differenza delle morti di Falcone e Borsellino, sono stati in larga parte rimossi dalla coscienza generale. Sono casi pieni di zone d’ombra, in cui le indagini sembrano fatte per occultare prove piuttosto che per trovarle e in cui i nomi dei mandanti rimangono ancora sconosciuti a trent’anni di distanza dai fatti. A riportare a galla queste vittime perdute ci pensa l’enorme lavoro di ricerca di Michela Mancini e della sua squadra. Attraverso interviste e un ampio uso di materiale di archivio, la giornalista calabrese ci trasporta di peso in un periodo complicato della storia italiana, in cui Mafia, parti dello Stato e gruppi della destra radicale lavorano insieme per spartirsi le spoglie del nostro paese, mettendo a tacere, o “ammutando” se volete, chi rischia di creare problemi al loro crescente potere.
Avvalendosi di recenti riaperture e sviluppi giudiziari, Mancini ricostruisce le vicende che hanno portato alle morti di Nino Agostino, un poliziotto, Umberto Mormile, un educatore carcerario e Luigi Ilardo, un infiltrato. Su di loro, e su tutte le altre persone che con loro perdono la vita in quegli anni, aleggia lo spettro benevolo delle indagini di Giovanni Falcone, arrivato, insieme a Borsellino, troppo vicino a sbrogliare quell’oscura matassa di interessi che così tanta sofferenza ha creato.
Gli Ammutati è denso. Fatti e nomi si accumulano senza sosta sull’impianto narrativo tracciato da Mancini intorno alla storie dei suoi ammutati, saturando le orecchie di chi ascolta dei putridi e purtroppo realissimi complotti che hanno attraversato il nostro paese tra la fine degli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta. È un oceano di informazioni in cui ci si potrebbe perdere facilmente, ma Mancini e i suoi sono bravissimi a tenere la barra dritta, riportando l’ascoltatore su terre familiari ogni volta che le onde sembrano troppo alte e riuscendo a tenere viva l’attenzione attraverso continui rimandi di voci tra le puntate e una struttura narrativa che, nella sua semplice complessità, dovrebbe fungere da esempio per chi vuole lavorare con l’audio in Italia (vorrei dirvi di più, ma poi dov’è il divertimento?). Non mancano poi, come in ogni inchiesta giornalistica di livello, i momenti in cui ci si trova a spalancare le orecchie dallo stupore, punteggiando con dei sonori improperi quel che si è appena ascoltato.
Una nota a parte la meritano l’avvolgente colonna sonora realizzata per il podcast da Roberto Ribuoli e l’artigiana sapienza del sound design e montaggio di Massimo Verolini. Senza nulla togliere all’ottima scrittura di Mancini, il lavoro del duo Ribuoli/Verolini è fondamentale nel dare ritmo, atmosfera e punteggiatura emotiva a un podcast che, in altre mani, avrebbe rischiato di tramutarsi in un crudo affastellamento di voci. Gli Ammutati invece ha una narrazione sonora che vive quasi di vita propria, con suoni ambientali che si trasformano e dilatano, arrampicandosi sinuosi su musica e parole, speziandole senza mai stancare.
Gli Ammutati non è un podcast facile. Non lo è nei contenuti. Non lo è nella quantità di informazioni che vengono condensate in sette puntate. Non lo è per chi, come me, vuole convincervi a mettervelo nelle orecchie. È però un lavoro estremamente ben fatto, che scava in profondità e mette in fila in maniera mai banale una serie di fatti che tutti dovremmo conoscere e che ci permettono di vedere in una luca diversa un decennio abbondante della nostra storia comune. Per finire, Gli Ammutati è anche un modo per ricordare, commemorare e tardivamente celebrare i nomi di chi, senza retorica alcuna, è morto per l’idea di un’Italia migliore.
🎧 Consigli di ascolto: è un podcast richiede un minimo di attenzione. Magari non ascoltatelo mentre fate qualcosa che richiede molti dei vostri neuroni. E se nella prima puntata vi sentite un pochino persi, non temete. Diventerà tutto, purtroppo, più chiaro andando avanti. E non vi pentirete di aver tenuto le cuffie nelle vostre orecchie.
🧁 Bonus: finito di ascoltarlo, ho pensato che mi sarebbe piaciuto l’album della colonna sonora. Beh, esiste davvero!
Say More with Dr? Sheila, Audacy, Amy Poehler, and Paper Kite Podcasts 🇺🇸
Facciamo finta che io sia Aladdin e che voi siate Jasmine. Siamo sopra un tappeto volante e io, con i miei occhi color nocciola, vi guardo e vi dico: «Ti fidi di me?», per poi iniziare a cantare «Ora vieni con me, in un mondo di incanto, principessa è tanto che non ascolti qualcosa che ti fa rideeeereeee» - uscendo dalla metafora, questa recensione deve iniziare con voi che vi fidate di me e ascoltate Say More with Dr? Sheila, un podcast dal titolo abbastanza bizzarro e poco invitante ma che, una volta ascoltato, si rivela tutto il contrario.
Il format è piuttosto semplice e gioca su due livelli. Da un lato c’è quello fittizio, in cui Amy Poehler, la titolare del podcast, interpreta il ruolo della dottoressa Sheila. Anzi della “dottoressa?” Sheila, perché dati i suoi discutibili titoli professionali è legalmente obbligata a mettere quel punto di domanda dopo il suo titolo. Nonostante i suoi discutibili titoli professionali, Sheila è una famosa terapeuta di coppia, e come da consolidato copione, in ogni puntata ci fa ascoltare una seduta con i suoi pazienti. L’altro livello è quello dell’improvvisazione: le sedute sono infatti recitate “sul momento” e vedono Poehler e i vari ospiti improvvisare per tutta la durata dell’episodio. Amy Poehler è una delle comiche più famose negli Stati Uniti, con un curriculum che va da Saturday Night Live a Parks & Recreation, e i suoi ospiti sono una lunga lista dei migliori attori comici statunitensi, tra cui Tina Fey, sua storica compagna di sketch con cui ha lavorato non solo all’Saturday Night Live ma anche in Mean Girls, Ilana Glazer, conosciuta per quel gioiellino che è Broad City, o ancora Maya Rudolph, Chris Parnell e Jason Mantzoukas, uno degli host dell’ormai leggendario podcast comico How Did This Get Made.
Sebbene con un cast del genere è abbastanza sicuro che si riderà, Say More with Dr? Sheila non è il classico podcast pieno di celebrity invitate solo per macinare ascolti senza curarsi del mezzo audio, ma è piuttosto un contenuto squisitamente pensato per il mondo dei podcast. Il genere “self help” è infatti secondo solo al true crime come categoria più ascoltata e remunerativa nel mondo dell’audio, e in questo podcast viene stravolto per smascherarne le incongruità e per ironizzare su quelle internet personality che si propongono di risolvere in un batter d’occhio tutti quei problemi che ci affliggono legati alla salute mentale e alle relazioni sentimentali.
Non solo, Say More with Dr? Sheila è un contenuto pensato ad hoc per essere inserito in una strategia di monetizzazione audio, non tanto per l’accurata selezione di spazi per l’inserimento delle pubblicità, ma anche perché gli endorsement recitati da parte dell’host, quelli che in gergo si chiamano “live read”, che diventano parte integrante del processo di improvvisazione mescolandosi ai livelli narrativi di cui parlavamo pocanzi. La promozione di prodotti o servizi tramite i live read è una pratica particolarmente diffusa nei podcast statunitensi, specialmente quelli che hanno come host personaggi pubblici, e sebbene vengano scelti sempre di più dai brand per essere associati in maniera più organica a un certo contenuto, non sempre si sposano alla perfezione con il podcast, creando cortocircuiti di involontaria comicità che Poehler e i suoi ospiti sono bravissimi a ricreare. Insomma, ascoltando Say More with Dr? Sheila ci si diverte anche ascoltando la pubblicità.
Se sei arrivatə a leggere fin qui, è ora di scendere dal tappeto volante, che a un certo punto anche Aladdin si stanca di cantare e vi prega di mettervi degli auricolari alle orecchie e lasciarlo in santa pace.
🎧 Consigli di ascolto: non ascoltatelo in palestra, le risate attivano gli addominali nei momenti più inaspettati
🧁 Bonus: se vi piacciono i contenuti comici/improvvisati, recuperate Everything is Alive, suggerito su questa newsletter tempo fa e che è da poco uscito con una mini serie dedicata agli animali. Fantastico.
⏭ Orecchie a 2x:
Nel mondo dei podcast accadono cose un po’ in continuazione e non sempre riusciamo, per motivi di spazio, tempo o (addirittura) linea editoriale, a segnalarvi tutto quello che vorremmo. Quindi eccovi un po’ di notizie fresche fresche in poche comode parole:
Talia Augustidis, di cui vi abbiamo già parlato per il suo UnReality, ha appena fatto uscire per il podcast antologico della BBC Lights Out un pezzo di rara e intima bellezza.
Se vi piace capirne di più su come si fanno queste cose che ci piace metterci nelle orecchie, sono aperte le iscrizioni per la nuova edizione di YASS, il mai troppo amato programma di formazione messo in piedi da Radio Papesse.